263. La trentunesima cosa è se un fratello restituisce intenzionalmente l’abito, o lo getta in un accesso d’ira, e nonostante le preghiere e gli inviti rifiuta di raccoglierlo, e un altro fratello lo raccoglie prima di lui; venga privato dell’abito per un anno e un giorno. Ma se è lui stesso a raccoglierlo, di sua volontà, sta ai fratelli decidere se privarlo dell’abito o meno.
264. E se accade che egli non intenda raccoglierlo, e un altro fratello lo prende e glielo rimette sulle spalle, quel fratello perderà il proprio abito: poiché solo il capitolo può restituire l’abito o fare di un uomo un fratello. E colui al quale l’abito viene restituito nel modo suddetto, lo manterrà o lo perderà a discrezione dei fratelli.
265. E in tutti gli altri casi – eccetto gli ultimi due,, ovvero se un fratello giace due notti fuori della casa o restituisce intenzionalmente l’abito, che sono puniti con la perdita dell’abito per un anno e un giorno, come detto sopra – spetta ai fratelli, a seconda della condotta del fratello che ha mancato, decidere se privarlo o meno dell’abito.
266. E quando si giudica sull’abito d’un fratello, questi vene tenuto in considerazione secondo quanto stabilito nella casa; e la privazione dell’abito estingue ogni altra punizione.
E quando un fratello è privato dell’abito e messo in catene, deve alloggiare e prendere i pasti presso l’elemosiniere e non può recarsi nella cappella; ma deve comunque dire le ore canoniche e lavorare con gli schiavi. E se muore mentre fa penitenza, deve ricevere il servizio funebre riservato ai fratelli.
E se un fratello non ha l’autorità di dare l’abito non ha neppure l’autorità di toglierglielo, senza il permesso di chi può farlo.
Discussione
Non c'è ancora nessun commento.