Un agosto caldo più del solito a Piacenza in quel 1308: due inquisitori papali vagano per la città e la sua provincia e non scherzano affatto, devon mettere sotto torchio i cavalieri templari accusati di eretica pravità.
La casa dell’Ordine dei Templari di Milano sotto il Policlinico
Non so quanti di voi abbiano ultimamente percorso la Via Commenda, e si siano imbattuti, all’altezza dell’incrocio con Via Fanti, in un uno vuoto metropolitano, all’interno della recinzione del Policlinico.
Vai ad articolo su https://www.milanoalquadrato.com/2017/02/06/la-casa-dellordine-dei-templari-di-milano-sotto-il-policlinico/
http://www.circolocobianchiduomo.it/category/esposizioni/
All’ingresso trovo due signore/ine gentili, quasi sorprese di trovare una famiglia interessata a vistare la mostra.
Paghiamo i biglietti.
Pagati in tre ventotto euro chiedo se al desk si possa prendere una brochure, si ma costa 3 euro – no, grazie, prendo il volantino, gratuito ed entro.
“La costruzione di una residenza universitaria in prossimità del Cimitero monumentale di Perugia ed a ridosso della trecentesca chiesa di San Bevignate è uno schiaffo all’ambiente, al buon senso e ad un complesso monumentale di eccezionale importanza a livello internazionale”. Con queste parole Oliviero Dottorini (capogruppo Italia dei valori), annuncia di aver presentato
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Templari, la riabilitazione
di Franco Cardini
Il processo si basò su false dicerie infamanti, ma la causa vera fu il rifiuto di un prestito al re di Francia. Furono infatti abili cavalieri, ma anche capaci amministratori. Ora nuovi studi fanno giustizia sulla vicenda.
di Franco Cardini
Il processo si basò su false dicerie infamanti, ma la causa vera fu il rifiuto di un prestito al re di Francia. Furono infatti abili cavalieri, ma anche capaci amministratori. Ora nuovi studi fanno giustizia sulla vicenda.
Le calunnie sono dure a morire. Quello dei Templari era un Ordine religioso nato nel secondo decennio del XII secolo: originariamente una fraternitas di pellegrini che avevano preso forse parte a quello strano pellegrinaggio armato che si è soliti chiamar «la prima crociata» (1095-1099), che ricevette poi una regola in qualche modo ispirata all’Ordine cistercense, e nella stesura della quale ebbe quanto meno indirettamente mano lo stesso Bernardo di Clairvaux. Il tratto originale (anche se non esclusivo) di tale ordine, come di altri nati nel medesimo secolo, era che esso riuniva alcuni fratres laici autorizzati a portare le armi per difendere i pellegrini e i nuovi principati cristiani nati in Terrasanta (e, poi, anche nella penisola iberica). Il termine canonico che qualificava tali…
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Fonte: newsletter inviata da www.luoghimisteriosi.it
Esclusivo: è stata da poco riscoperta una chiesa templare a Rimini
Ritrovato un luogo testimone di un evento unico al mondo: l’assoluzione dei cavalieri templari nel periodo nero delle persecuzioni Continua a leggere
Un ritrovamento archeologico prova la presenza dei monaci guerrieri, rinvenuto un umile corredo funebre nel Bastiglione orientale
MAURIZIO LUPO
TORINO
Il Monte dei Cappuccini dal 1204 al 1314 fu presidio fortificato dei Cavalieri Templari. Nel vegliare sulla via Francigena, percorsa dai pellegrini diretti a Roma, difendevano un arcaico ponte di legno che già allora valicava il Po. Qui, a nome del Comune e del Vescovo di Torino, riscuotevano il pedaggio per attraversarlo e per navigare in quel tratto fluviale. Un ritrovamento archeologico conferma infine plurime fonti d’archivio».
Il bello della storia, secondo Erodoto che l’ha inventata, è non tanto raccontare dei fatti, cosa che, peraltro lui faceva benissimo, e spesso anche in modo ruffiano, ma indagare, supporre, ricercare come fa un detective nei meandri dei fatti accaduti. Ma il bello, aggiungo io, è che spesso nel districarsi fra testimonianze e documenti, si trovano cose, fatti ed episodi, fortuite, che non si cercavano e che, sono per questo doppiamente gradite. Continua a leggere
Aveva destato clamore, interesse e curiosità a livello nazionale, oggi invece si scopre che è andata distrutta, un’antichissima incisione rupestre sul Monte Ingino nei pressi della Prima Cappelluccia. La rivelazione è stata fatta pochi giorni fa dalla troupe di una televisione satellitare durante le riprese di un documentario a Gubbio. L’incisione era stata rinvenuta nel 2005 dai ricercatori eugubini Mario Farneti e Bruno Bartoletti. Continua a leggere
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Questa pagina è in continua evoluzione, sono graditi interventi, aggiornamenti e correzioni,
(le date sono state ordinate per Anno, Mese, Giorno)
1073/1085. Gregorio VII papa. Riforma della chiesa.
1095. Concilio di Clermont. Appello di Urbano II. Prima crociata.
La storia
Conoscendo con certezza la natura dell’Ordine dei Cavalieri Templari, si deduce che da Venezia essi si siano sparsi nel Veneto Orientale, seguendo le direttrici delle vie consolari romane. Queste, come per esempio la via Francigena, guidavano i pellegrini del Medioevo verso le mete principali della devozione cristiana di quel tempo: Terrasanta, Roma e San Jago de Compostela il cammino del quale era vigilato dai giovanniti (N.d.R. oggi noti come Cavalieri di Malta).
la ricostruzione del Sigillo dei Templari
Una decina di anni fa, probabilmente nel 2003, un contadino di Giurdignano (nei dintorni di Otranto) durante la ristrutturazione di un vecchio casolare, mentre scrostava un muro malconcio, scoprì una nicchia sigillata. Questa nicchia costruita intenzionalmente e sigillata con cura, rivelò, una volta aperta, il suo sorprendente segreto: essa conteneva un bacile integro, di ceramica smaltata, al cui interno era stato riposto un piccolo libro cartaceo, rivestito da una sovra-copertina di cartapecora. Il contadino afferrò con evidente interesse il libretto ma quando lo sfogliò per leggerne il contenuto questo si sbriciolò, quasi all’istante, trasformandosi in polvere e friabili coriandoli! Evidentemente il contatto repentino con l’ossigeno, dopo secoli d’isolamento dall’aria ambientale, fu la causa dell’immediata, devastante, ossidazione: restò fra le mani dell’uomo la sola sovra-copertina ripiegata, alla guisa di quelle che abitualmente facciamo per i libri scolastici dei nostri figli. La cartapecora o pergamena, una volta stesa, si rivelò essere un antico atto, con tanto di sigillo rosso in cera.
Vernazza – Piccolissimo e prezioso: perché richiama un passato lontano, e chissà quale origine ha. E’ uno stemma in pietra che il fornaio di Vernazza ha ritrovato all’interno del suo forno
Leggi l’articolo completo: La spezia – Nel forno ritrovata una croce templare | Liguria | La Spezia| Il SecoloXIX
(telesanterno.com martedì, 29 marzo 2011) Reca la data del 29 Marzo 1139 la Bolla Omne Datum Optimum con la quale il Papa Innocenzo II ufficializza definitivamente l’Ordine dei Cavalieri Templari,che definivano se stessi “Pauperes commilitones Christi templique Salomis” (Poveri Compagni d’armi di Cristo e del Tempio di Salomone). Il primo nucleo dello stesso Ordine si era formato una ventina di anni prima, per iniziativa spontanea di un gruppo di nove cavalieri (almeno così dice la leggenda) radunati attorno alla figura del fondatore Ugo di Payns, nobile guerriero, originario, secondo le tesi correnti, dell’omonima cittadina della regione francese dello Champagne.
Per leggere l’inter articolo su luigiboschi.it http://www.luigiboschi.it/node/40043
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Qui inizia il prologo della regola del Tempio
1. Ci rivolgiamo in primo luogo a quanti disprezzano profondamente la propria volontà e desiderano, con purezza di cuore, servire il re supremo come cavalieri e indossare, ora e per sempre, con premurosa sollecitudine, la nobilissima armatura dell’obbedienza. E perciò esortiamo voi che avete fin qui condotto la vita dei cavalieri secolari, che non ha la propria causa in Cristo e che avete abbracciato solo a vostro vantaggio, a seguire coloro che Dio, per grazia della sua compassione, ha tratto dalla massa dei dannati e, nella sua grande pietà, ha destinato alla difesa della Santa Chiesa, e vi chiediamo di unirvi a loro, subito e per sempre.
Traduzione della Pergamena di Chinon
Assoluzione degli Alti Dignitari dell’Ordine del Tempio da parte dei Legati Pontifici ASV, A.A., Arm. D 217 – Chinon, 1308 agosto 17-20
In nome di Dio amen. Noi per misericordia divina cardinali preti Berengario del titolo dei Santi Nereo e Achilleo, e Stefano del titolo di San Ciriaco in Termis, e Landolfo, cardinale diacono del titolo di Sant’Angelo, rendiamo noto a chiunque visionerà il presente e pubblico documento quanto segue: dopo che, recentemente, il santissimo padre e nostro signore Clemente, per divina provvidenza sommo pontefice della sacrosanta e universale Chiesa di Roma, a causa di quanto riportato dalla pubblica voce e dalla accesa denuncia dell’illustre re dei Franchi, e di prelati, duchi, conti, baroni e altri nobili e non nobili del medesimo regno di Francia fece istruire un’indagine contro alcuni frati, preti, cavalieri, precettori e sergenti dell’ordine della Milizia del Tempio relativa Continua a leggere
DE LAUDE NOVAE MILITIAE AD MILITES TEMPLI LIBER
S. BERNARDI ABBATIS DE LAUDE NOVAE MILITIAE AD MILITES TEMPLI LIBER
Prologus
Hugoni, militi Christi et magistro militiae Christi, Bernardus Claraevallis solo nomine abbas: bonum certamen certare. Semel, et secundo, et tertio, nisi fallor, petisti a me, Hugo carissime, ut tibi tuisque commilitonibus scriberem exhortationis sermonem, et adversus hostilem tyrannidem, quia lanceam non liceret, stilum vibrarem, asserens vobis non parum fore adiutorii, si quos armis non possum, litteris animarem.
OMNE DATUM OPTIMUM A cura di Filippo Grammauta
La data di fondazione dell’Ordine del Tempio è tutt’ora incerta; alcuni la collocano nel 1118, altri nel 1119, ma la data più probabile dovrebbe essere il 1120.
Forse non è mai esistito un documento che ne attestasse la costituzione e se fosse esistito, con ogni probabilità è andato distrutto assieme all’archivio dell’Ordine, trasferito a Cipro dopo la perdita della Terrasanta, ed incendiato dai Turchi nel 1571. Le fonti disponibili, non sempre pienamente attendibili, non sono ricche di dettagli storicamente accettabili e, spesso, sono tra loro in contrasto.
A Ferrara la tomba di Ugo dei Pagani
(articolo preso da http://www.templarisanbernardo.org)
Quale rapporto ha avuto Ferrara con l’ordine dei Templari? A suscitare questa domanda è stato un articolo, comparso su un inserto di Repubblica del 8 giugno 2006 e scritto a seguito del successo del Codice Da Vinci, che ha rinnovato l’interesse per le vicende di questi Cavalieri medievali. Nell’articolo si dice che le spoglie del fondatore dell’ordine, Ugo Dei Pagani, sono custodite nella chiesa sconsacrata di San Jacopo a Ferrara, nota per la presenza di una misteriosa cripta murata.
Ricaut Bonomel (… – …) è stato un cavaliere templare e trovatore in Terrasanta al tempo dell’ottava crociata. Era pervicacemente avverso a Carlo I di Napoli e ai suoi tentativi di assicurarsi un trono in Italia e alla politica papale che dirotta i fondi destinati alla Terrasanta per altri obiettivi. È stato inoltre uno tenace critico del clero europeo, tutt’altro che propenso a predicare le crociate.
Il Templare di Tiro (francese: Le Templier de Tyr) è il nome di uno storico medievale che, negli anni 1300, scrisse una cronaca, in lingua francese, che costituisce la terza e più ampia sezione delle Gestes des Chiprois. Si crede che tale cronaca sia stata scritta da un cavaliere sull’isola di Cipro, attorno all’epoca durante la quale l’isola fu la base delle operazioni dei tre maggiori ordini militari, i cavalieri Templari, Teutonici ed Ospitalieri. L’autore del documento fu probabilmente un traduttore dall’arabo, un segretario e confidente del Gran Maestro dell’Ordine templare Guillaume de Beaujeu, sebbene non Templare egli stesso.
RUGGERO DA FLOR TEMPLARE O PIRATA?
Autore: G. Scartezzini
Ruggero da Flor nasce a Brindisi da padre di origine tedesca (era maestro falconiere di dell’ imperatore Federico II e avrebbe poi italianizzato il cognome tedesco Blum in “da Flor” ,)
La sua famiglia perde quasi tutto in seguito alla sconfitta di Corradino di Svevia nella battaglia di Tagliacozzo.
Fin d ragazzo frequenta il porto, aiuta i marinai nel carico delle merci …li accompagna nelle osterie e nei bordelli rimanendo affascinato dai racconti di mare. Riesce finalmente ad avere dalla madre il permesso di imbarcarsi su una nave.
Jacques (Giacomo) de Molay (Molay, 1243 – Parigi, 18 marzo 1314) fu l’ultimo gran Maestro dell’ordine dei Cavalieri templari.
Nacque fra il 1240 e il 1250, figlio del nobile burgundo Jean der Longwy e della figlia del Sire di Rahon. Dato che più luoghi recano il nome Molay, è soltanto per tradizione che si designa come città natale di Giacomo una Molay presso Besançon. Degli anni d’infanzia di Giacomo non si hanno notizie certe. Continua a leggere
Thibaud Gaudin (? – 16 aprile 1292) è stato il 22° Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1291 al 1292.
Biografia
Nato da una famiglia nobile nella zona di Chartres o di Blois, in Francia, è entrato nell’Ordine templare molto prima del 1260, perché in quest’anno venne fatto prigioniero l’attacco a Tiberiade. Era molto pio e per questo venne soprannominato “Gaudin il monaco”.
Guillaume de Beaujeu (? – 18 maggio 1291) è stato il 21° Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1273 al 1291.
Nacque nella regione di Beaujeu in Francia da un importante famiglia nobile imparentato con il re Luigi IX di Francia e Carlo I d’Angiò, re di Sicilia. Entrò nell’Ordine templare all’età di 20 anni, iniziando come comandate templare nella provincia di Tripoli nel 1271 e dal 1272 di quella di Apulia e Sicilia. Non giunse in Terra Santa se non quando venne eletto Gran Maestro dell’Ordine templare il 13 maggio 1273 e arrivò solo nel settembre del 1275 a San Giovanni d’Acri dato che venne chiamato da papa Gregorio X ad assistere al Concilio di Lione II.
Thomas Bérard, o Bérault o Béraud (… – …), è stato il ventesimo Gran Maestro dell’ordine Templare (1256-1273).
È stato l’unico Gran Maestro italiano. Venne eletto sotto il pontificato di papa Alessandro IV.
Successe nel 1256 al gran maestro Renaud de Vichiers. Esercitò le sue funzioni in circostanze non facili, impelagato da una parte nelle questioni sorte con l’ordine degli ospitalieri e dall’altra assistendo impotente ai progressi del sultano mamelucco Baibars al-Bunduqdari, che, poco a poco, obbligò i cristiani della Palestina a ritirarsi tra le mura di San Giovanni d’Acri, ultimo baluardo del Regno di Gerusalemme.
Renaud de Vichiers (o de Vichy) (? – 20 gennaio 1256) è stato il 19° Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1250 al 1256.
Nato nella provincia di Champagne fu precettore di Francia e Gran Maresciallo dell’Ordine templare, eletto Gran Maestro dell’Ordine, dopo la morte di Guillaume de Sonnac avvenuta l’11 febbraio 1250 nella Battaglia di al-Mansura. In questa battaglia combatte anche Renaud de Vichiers al comando dei Templari in prima linea, e si distinte particolarmente per l’astuzia e il coraggio che dimostrò quando, nonostante la contrarietà di re Luigi IX di Francia, si lanciò alla carica con successo, in risposta all’accerchiamento dei musulmani. Quest’azione però venne rapidamente contrattaccata e l’avanguardia dell’esercito subi gravi perdite tra cui il fratello del re, Roberto I d’Artois.
Guillaume de Sonnac o Saunhac (? – 3 luglio 1250) è stato il 18° Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1247 al 1250.
Nacque da una nobile famiglia francese della regione di Rouergue, non si conosce la data di nascita. Frà Matteo Paris lo descrive come “un uomo discreto e circospetto, che era anche abile ed esperto negli affari di guerra”.
Richard de Bures (? – 2 maggio 1247) è stato il 17° Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1245 al 1247, probabilmente si limitò a reggere temporaneamente la carica.
Armand de Périgord (1178 – 2 gennaio 1245) è stato il 16° Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1232 al 1245.
Fu maestro della provincia dell’Apulia e di Sicilia dal 1205 al 1232, epoca in cui fu eletto Gran Maestro dell’Ordine templare. Organizzò l’attacco a Cana, di Safita e di Sephoria e combatté i musulmani nella regione del Mar di Galilea. Tutte queste imprese si conclusero però un fallimento e diminuirono la potenza dell’Ordine.
Pierre de Montaigu (? – 28 gennaio 1232) è stato il 15° Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1219 al 1232.
Di origini aragonesi ma di nazionalità francese, era molto amico di Guillaume de Chartres e probabilmente fu la fiducia che il precedente Gran Maestro aveva in lui, il fattore che lo fece eleggere così rapidemente nuovo Gran Maestro dell’Ordine templare. Nello stesso tempo poi il Gran Maestro dell’Ordine Ospitaliero era Guerin de Montaigu, suo fratello. Le strette relazioni tra i due ordini probabilmente doveva essere dovuta proprio a questo.
Guillaume de Chartres (??? – Seborga, 28 agosto 1219) è stato il 14° Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1210 al 1219..
Figlio del conte di Bar-sur-Seine, non si conosce con esattezza la sua data di nascita, ma sicuramente nacque prima del 1210[1], quando venne eletto Gran Maestro dell’Ordine dei Templari.
Philippe de Plaissis (Angiò, 1165 – 23 settembre 1209) è stato il 13° Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1201 al 1208.
Nacque nella fortezza di Plaissis-Macé, nell’Angiò, in Francia. Nel 1189 si unì alla Terza Crociata come semplice cavaliere e in Palestina scoprì l’Ordine dei Templari e vi entrò.
Gilbert Horal (1152 – 21 dicembre 1200) è stato 12° Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1193 al 1200.
Nacque ad Aragona in Spagna ed entro dell’Ordine dei Templari in giovane età. Visse nella provincia di Provenza e Aragona, dove prese parta alla Reconquista, e divenne Maestro della provincia nel 1190. Nel 1193, alla morte del Gran maestro Robert de Sablé, divenne Gran Maestro dei Templari e l’anno successivo la sua elezione, nel 1194 papa Celestino III confermò ai templari tutti i privilegi concessi dalla bolla Omne Datum Optimum.
Robert de Sablé, a volte chiamato anche Robert IV de Sablé (? – 23 settembre 1193), è stato Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1191 al 1193 e signore di Cipro dal 1191 al 1192.
Non si hanno dati esatti sulla data della sua nascita, ma si crede che sia stato relativamente vecchio alla data della sua morte. Nacque da una rispettata famiglia militare ad Anjou e fu “un comandante Angioino vassallo di Riccardo I di Inghilterra”. Il suo dominio si restrinse alle terre della valle del fiume Sarthe, che ereditò nel 1160. Gli succedette la figlia in Margaret de Sablé, che si sposò e passo tutto l’onore a William des Roches. Fu anche cavaliere durante la Terza Crociata. Robert morì in Terra Santa il 23 settembre 1192 o 1193
André de Montbard (c. 1103 – 17 gennaio 1156) è stato Gran Maestro dei Cavalieri Templari.
La famiglia de Montbard proveniva Hochadel in Borgogna, e André era zio di San Bernardo da Chieravalle, essendo fratellastro della madre di Bernardo, Aleth de Montbard. Egli entrò nell’Ordine nel 1129 e si recò in Palestina, dove raggiunse velocemente il grado di Siniscalco, deputato e secondo in comando al Gran Maestro. Dopo l’Assedio di Ascalona il 22 agosto 1153, André venne eletto Gran Maestro per rimpiazzare Bernard de Tremelay, che era stato ucciso nel corso degli assalti alla città, il 16 agosto.
Egli morì il 17 gennaio 1156, a Gerusalemme e venne succeduto da Bertrand de Blanchefort.
Bertrand de Blanchefort, o Blanquefort (… – 1169), è stato Gran Maestro dell’Ordine dei Templari dal 1156 alla sua morte, nel 1169.
È conosciuto per essere stato un grande riformatore dell’Ordine.
Vita privata
Egli nacque nel 1109, anche se la sua data di nascita non è mai stata riportata ufficialmente. Il Mortuario di Reims situa la sua data di morte il 2 gennaio 1169. Egli era il figlio minore di una stirpe di figli maschi di Godfrey de Blanchefort, Signore di Guyenne. Egli si allenò al combattimento sin dalla giovane età, ma durante il suo periodo di governo dell’Ordine come Gran Maestro pose maggior enfasi sulla riforma e sui negoziati. Questo aiutò i Templari a garantirsi l’immagine di guardiani, e non di bruti soldati.
Philippe de Milly, conosciuto anche col nome di Philippe de Nablus (c. 1120 – 3 aprile 1171), è stato Gran Maestro dell’Ordine dei Templari.
Philip era figlio di Guy de Milly, un cavaliere originario della Piccardia che aveva partecipato alla Prima Crociata, e di Stephanie delle Fiandre. Guy e Stephanie ebbero tre figli, tutti nati in Terrasanta, dei quali Philippe era probabilmente il maggiore. Egli viene menzionato per la prima volta come figlio di Guy nel 1138, quando divenne vassallo del Re di Gerusalemme, nel 1144 o nel 1142. In questo periodo sposò anche Isabella.
Oddone di Saint Amand (o Eudes, Odon, Odo; … – circa 1180) è stato Gran Maestro dell’Ordine dei Templari dal 1171 al 1179.
Saint Amand nacque da una famiglia del Limosino, in Francia. Fu maresciallo del regno di Gerusalemme e successivamente ottenne il titolo di visconte. Nel 1172 un cavaliere templare, Gauthier du Maisnil, venne accusato di aver ucciso un dignitario islamico dal re Amalrico I e Saint Amand si rifiutò di giudicarlo citando in proposito la bolla papale che legava i templari alla giurisdizione suprema del pontefice, soprattutto in materia giudiziaria.
Arnoldo di Torroja (in catalano, Arnau de Torroja; ? – 1184) è stato Gran Maestro dell’Ordine dei Templari dal 1180 sino alla sua morte, nel 1184.
Vita privata
Per Torroja non è ricordata una precisa data di nascita, ma si sa che era molto anziano all’epoca della sua morte, e che aveva più o meno 70 anni al momento della sua elezione. Egli aveva servito l’ordine per diversi anni e divenne Maestro templare in Aragona e Provenza.
Gérard de Ridefort (Fiandra, ? – 1 ottobre 1189) è stato un cavaliere fiammingo. Fu Gran Maestro dell’Ordine Templare dal 1187 fino alla morte.
Nacque in Fiandra e fin da giovane fu al servizio del conte Raimondo III di Tripoli. In seguito seguì Guido di Lusignano, fino alla sua salita sul trono di Gerusalemme, in seguito alla morte di Baldovino IV, nel 1186. Morì per mano del Saladino nell’Assedio di San Giovanni d’Acri del 1189.
Bernard de Tramelay (… – 16 agosto 1153) è stato Gran Maestro dell’Ordine dei Templari.
Egli nacque nel Castello di Tramelay presso Saint-Claude nella regione dello Jura. Secondo Charles du Fresne, egli succedette ad un Hugues come Gran Maestro, personaggio di cui ad ogni modo non si ha traccia in altri documenti. Egli venne eletto Gran Maestro nel giugno del 1151, dopo l’abdicazione Everard des Barres, che era ritornato in Francia a seguito del fallimento della Seconda Crociata. Il Re Baldovino III di Gerusalemme gli garantì i ruderi della città di Gaza, che Bernard ricostruì per i Templari.
Everard des Barres (… – 1174) è stato Gran Maestro dei Cavalieri templari dal 1147 al 1151.
Come Precettore dei Templari in Francia dal 1143, fu uno dei più alti dignitari dell’Ordine quando Robert de Craon morì nel 1147. Egli venne scelto come suo successore e venne presto eletto; egli accompagnò Luigi VII di Francia nella seconda crociata, e fu tra coloro che vennero mandati a Costantinopoli prima dell’arrivo di Luigi, in avanscoperta. Egli successivamente salvò il re Luigi durante la battaglia di Pisidia contro i turchi selgiuchidi.
Robert de Craon (… – 13 gennaio 1147) è stato il secondo Gran Maestro dell’Ordine dei Templari, dal giugno del 1136 alla sua morte.
Nato intorno alla fine del XI secolo, era il minore dei figli di Renaud de Craon. Prese sede in Aquitania e venne promesso alla figlia del Signore di Angoumois, ma abbandonò la fidanzata per viaggiare in Palestina dopo aver appreso la fondazione dell’Ordine dei Templari da parte di Hugues de Payns. Egli mostrò subito il suo valore militare, ma anche la sua pietà e nel 1136, alla morte di Hughes, venne prescelto come nuovo Gran Maestro. Egli dette prova di essere un valente organizzatore e legislatore, e portò l’Ordine a maggior forza negli stati crociati. Il 29 marzo 1139, il Papa Innocenzo II promulgò la bolla papale Omne Datum Optimum, che esentava l’ordine dal pagamento delle tasse e lo rendeva indipendente dalla giurisdizione ecclesiastica. Ai templari venne inoltre garantito il diritto di portare una croce rossa sopra l’abito bianco, che identificò presto l’immagine popolare dei templari.
1. | Hugues de Payns | 1118 – 1136 | |
2. | Robert de Craon | 1136 – 1147 Continua a leggere |
Hugues de Payns (in francese [yɡ dəˈpɛ̃]) o de Pains (Payns, c. 1070 – Palestina, 1136) è stato un nobile francese, primo maestro (Il titolo di Gran Maestro è un’invenzione della storiografia successiva) dell’ordine dei Cavalieri templari.
657. <<Signori, amati fratelli, vedete che la maggioranza è disposta ad accogliere questo nuovo fratello: se vi è fra di voi qualcuno che sappia di lui qualcosa per cui non possa diventare un fratello, si faccia avanti e lo dica; poiché è meglio che lo dica prima e non dopo che è davanti a noi>>. E se nessuno dice alcunché , il postulante viene convocato e fatto accomodare in una camera posta nei pressi del capitolo; e vengono mandati da lui due o tre anziani della casa, esperti nel porre le giuste domande.
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643.La prima è l’espulsione dalla casa, dal che Dio salvi ogni fratello.
La seconda è la perdita dell’abito, dal che Dio salvi ogni fratello.
La terza è quando a un fratello viene consentito di tenere l’abito, per amore di Dio, e viene punito con tre giorni interi, a meno che Dio e i fratelli non gli concedano la grazia di un giorno; e la punizione deve avere corso immediatamente, ovvero senza alcuna dilazione.
587. La prima è se un fratello rifiuta di eseguire gli ordini della casa e persiste nella propria indisciplina e non esegue gli ordini assegnatili: venga privato dell’abito e messo in catene. Ma sarebbe troppo severo dar subito corso alla punizione, per cui si dovrà aspettare che la sua ira si plachi, dopodiché qualcuno dovrà dirgli quietamente: <<Fratello, eseguite l’ordine della casa>>; infatti tale comportamento è più prossima alla carità divina. E se il fratello obbedisce, in nome di Dio, e non è derivato alcun danno per la casa, spetta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. Ad un ordine della casa non si deve rispondere <<No>>, ma piuttosto <<In nome di Dio>>, e chi non lo fa può essere privato dell’abito e trattato nel modo suddetto.
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544. La prima cosa che può portare all’espulsione perpetua di un fratello dalla casa è la simonia, poiché chi entra nella casa mediante simonia non può salvare la propria anima e perde la casa; e colui che lo accoglie perde il proprio abito. Commette simonia chi fa doni o promesse ai fratelli del Tempio o ad altra persona, affinché lo aiutino ad entrare nella casa.
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416. Queste sono le punizioni che possono essere inflitte ai fratelli che le hanno meritate. La prima è l’espulsione dalla casa, che Dio salvi i fratelli. – La seconda è la perdita dell’abito. – La terza è quando a un fratello viene lasciato l’abito per amore di Dio. – La quarta sono due giorni o tre giorni la prima settimana. – La quinta è quando un fratello viene privato di tutto tranne l’abito, ovvero due giorni. – La sesta è un giorno. – La settimana è il venerdì. – L’ottava è a giudizio del cappellano. – La nona è l’assoluzione. – La decima è il deferimento ad un’altra autorità.
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386. Al momento di entrare nella sala dov’è riunito il capitolo, ogni fratello si deve fare il segno della croce, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e se non è calvo deve scoprirsi il capo; ma se è calvo può tenere il cappuccio; e rimanendo in piedi deve recitare un paternoster e quindi può sedersi, e ognuno deve fare così. E quando sono giunti tutti i fratelli, o la maggioranza, colui che tiene capitolo, prima di iniziare l’omelia, deve dire ai fratelli: «Signori e miei buoni fratelli, alzatevi e pregate Nostro Signore affinché invii oggi la sua santa grazia su di noi », al che tutti i fratelli devono alzarsi in piedi e ciascuno deve dire un paternoster.
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366. Quando i fratelli sono accampati, devono avere un commendatore delle vettovaglie; egli è incaricato di suddividere e distribuire il cibo ai fratelli, in parti uguali, secondo le norme sottoscritte; e tale commendatore deve essere uno degli anziani della casa, deve avere riguardo per la propria anima e timor di Dio. Quando intendono accamparsi, i fratelli non possono erigere tre o più tende insieme senza permesso, ma possono erigerne due e non più anche senza permesso.
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340. Ciascun fratello deve sforzarsi di vivere onestamente e dare il buon esempio in tutto e per tutto a coloro che vivono nel mondo e ai fratelli degli altri Ordini, dimodoché chiunque lo veda non possa scorgere nulla di male nella sua condotta, nel suo modo di cavalcare o camminare, nel suo modo di bere o mangiare, nel suo sguardo, nelle sue parole e nelle sue opere. E in particolare ciascun fratello deve sforzarsi di mantenere un contegno umile e onesto, mentre ascolta o recita l’ufficio di Nostro Signore, e deve dire le preghiere e genuflettersi secondo le usanze della casa.
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279.Ogni fratello del Tempio deve sapere che il primo dei suoi vincoli è servire Dio, e ciascuno vi si deve dedicare con tutto l’intelletto e la partecipazione, soprattutto nell’ascoltare le sacre funzioni; infatti nessuno deve sottrarvisi fintantoché si trova alle dipendenze della casa. Poiché come dice la nostra regola, se amiamo Dio, ascolteremo ben volentieri se Sue sante parole.
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274.« Vis abrenunciare seculo? R. Volo – Vis profiteri obedientem secundum canonicam institutionem et secundum preceptum domini pape? R. volo. – Vis assumere tibi conversationem fratrum nostrorum? R. Volo »
Tunc ille qui eum alloquitur dicat post: Deus auxilietur et benedicat nobis; totus psalmus dicatur.
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272.Queste sono le cose da cui un fratello cappellano non può assolvere un fratello del Tempio. Ovvero se un fratello uccide un cristiano o una cristiana.
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268. I fratelli cappellani sono soggetti ai medesimi vincoli degli altri fratelli; e devono comportarsi come gli altri fratelli; e, fatto salvo il diritto del paternoster, devono dire le ore canoniche. Indossano la veste chiusa, devono radersi la barba e possono portare i guanti. E quando un fratello muore, invece di dire cento paternoster, devono cantare la messa e celebrare il servizio funebre.
I fratelli cappellani devono essere trattati con riverenza, ricevono le vesti migliori di cui la casa disponga e a tavola siedono accanto al maestro e vengono serviti per primi.
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263. La trentunesima cosa è se un fratello restituisce intenzionalmente l’abito, o lo getta in un accesso d’ira, e nonostante le preghiere e gli inviti rifiuta di raccoglierlo, e un altro fratello lo raccoglie prima di lui; venga privato dell’abito per un anno e un giorno. Ma se è lui stesso a raccoglierlo, di sua volontà, sta ai fratelli decidere se privarlo dell’abito o meno.
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262. La trentesima cosa è se un fratello lascia la casa e giace due notti fuori; a causa di ciò perderà l’abito e non lo riotterrà prima che sia trascorso un anno e un giorno. E se persiste nel fare ciò che è proibito per più di due notti, verrà espulso dalla casa.
261. La ventinovesima cosa è se un fratello varca la porta con l’intenzione di lasciare la casa e poi se ne pente; gli si potrebbe togliere l’abito; e se si reca presso l’ordine degli Ospitalieri, o in qualunque altro luogo, sta ai fratelli decidere se privarlo o mano dell’abito. Ma se trascorre la notte fuori, deve essere privato dell’abito.
260. La ventottesima cosa è se un fratello, intenzionalmente o per negligenza, procura alla casa una perdita di quattro o più denari; sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito: poiché nessuna perdita ci è consentita. E se la perdita è ingente si può decidere di metterlo in catene.
259. La ventisettesima cosa è se un fratello costruisce una casa di pietra o calce senza il permesso del maestro o del commendatore della terra; sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. Ma le case in cattive condizioni possono essere riparate senza premesso.
258. La ventiseiesima cosa è se un fratello, dal gregge o dalla stalla, regala un animale, che non sia un cane o un gatto, senza il permesso del commendatore della terra; sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito.
257. La venticinquesima cosa è se un fratello prova le proprie armi e causa danno; sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito.
256. La ventiquattresima cosa è se un fratello va a caccia e causa danno; sta ai fratelli se privarlo o meno dell’abito.
255. La ventitreesima cosa è se un fratello uccide, ferisce o smarrisce un cavallo per negligenza; il suo abito è nelle mani dei fratelli; sta a loro decidere se toglierglielo o meno.
254. La ventiduesima cosa è se un fratello uccide, ferisce o smarrisce in modo colpevole uno schiavo; il suo abito è nelle mani dei fratelli; sta a loro decidere se toglierglielo o meno.
253. La ventunesima cosa è se un fratello afferma consapevolmente che le terre o i beni di un altro appartengono alla casa, e ciò non corrisponde a verità, ed è provato che egli lo fa per malizia o avidità; starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. Ma se la sua coscienza gli suggerisce di farlo, può dirlo o garantirlo senza patire alcun danno.
252. La ventesima cosa è se un fratello pone i beni di un altro insieme a quelli della casa, per cui il loro padrone perde ogni diritto su di esse;starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito.
251. La diciannovesima cosa è se un fratello dà in prestito il proprio cavallo ad un altro fratello in un luogo in cui non è consentito andare senza permesso, e il cavallo va perduto, o muore, o rimane ferito; starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. Tuttavia può darlo in prestito, se gli aggrada, nella città dove si trova.
250. La diciottesima cosa è se un fratello dà in prestito un bene che appartiene alla casa, senza averne ricevuto il permesso da chi può concederlo; se la casa perde questo bene, venga privato dell’abito; e se il prestito sarà stato ingente, verrà messo in catene.
249. La diciassettesima cosa è se un fratello del Tempio consegna le donazioni fatte alla casa ad un laico, o a chiunque altro al di fuori dei fratelli del Tempio, senza aver ricevuto il consenso da chi può concederlo; starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. E se si tratta di una donazione ingente o se aliena delle terre, venga privato dell’abito; e a causa del grave danno che ha arrecato alla casa, si potrà giungere a metterlo in catene.
248. La sedicesima cosa è se un fratello forza una serratura senza averne avuto il permesso da chi può concederlo, senza peraltro arrecare alcun danno alla casa; starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito.
247. La quindicesima cosa è se un fratello spezza il sigillo del maestro o di chi ne fa le veci, senza averne ricevuto il permesso da chi può concederglielo; starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito.
246. La quattordicesima cosa è se un fratello accatta qualcosa da un laico, promettendo in cambio di aiutarlo a diventare un fratello del Tempio; venga privato dell’abito, perché commette simonia.
245. La tredicesima cosa è se un fratello concede l’abito della casa a un uomo che non ne ha diritto, o a qualcuno al quale non è autorizzato a concederlo, o senza il consenso del capitolo; venga privato dell’abito. E chi ha l’autorità di concederlo, non può toglierlo senza il consenso del capitolo: se lo fa venga privato dell’abito.
244. La dodicesima cosa è se un fratello nega il pane e l’acqua della casa ad un fratello, che viene o che va, e non lo lascia mangiare con gli altri fratelli; venga privato dell’abito, perché quando un uomo è accolto tra i fratelli, ha diritto al pane e all’acqua della casa, e nessuno può negarglieli, qualunque cosa egli faccia, salvo quanto è stabilito dalla casa. Lo stesso vale per chiunque rifiuti di aprire la porta ad un fratello, impedendogli di entrare.
243. L’undicesima cosa è se, in battaglia, un fratello va alla carica senza permesso, e la sua azione arreca danno; starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. Ma se vede un cristiano in pericolo di morte, e sente in cuor suo di poterlo aiutare, come stabilito dagli statuti, può farlo. Ma in nessun’altra circostanza un fratello del Tempio deve caricare senza permesso.
242. La decima cosa è se un fratello che regge il gonfalone va alla carica senza permesso dei superiori, a meno che non sia in difficoltà o comunque non in grado di chiedere tale permesso, come stabilito dagli statuti; sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. E se il suo gesto arreca grave danno, potrà essere messo in catene, egli non porterà mai più il gonfalone, né ricoprirà mai più il ruolo di comandante in battaglia.
241. La nona cosa è se, in battaglia, un fratello del Tempio che regge il gonfalone lo abbassa per colpire, pur non arrecando danno ai compagni; starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. E se lo usa per combattere e con ciò arreca danno ai compagni, deve essere privato dell’abito, e si può stabilire di metterlo in catene; egli non porterà mai più il gonfalone e non ricoprirà mai più il ruolo di comandante in battaglia.
240. L’ottava cosa è se un fratello afferma di voler passare ai Saraceni, anche se lo fa in un momento di ira o di furore; starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito.
239. La settima cosa è se un fratello chiede al capitolo di essere congedato per cercare la salvezza della propria anima al servizio di un altro ordine religioso; se il capitolo glielo nega ed egli afferma di voler lo stesso lasciare la casa, starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito.
238. La stessa cosa è se un fratello si autoaccusa ingiustamente per ottenere il permesso di lasciare la casa; venga privato dell’abito.
237. La quinta cosa è se un fratello accusa un altro fratello di aver fatto qualcosa che implichi l’espulsione dalla casa; se il fratello che lo accusa non è in grado di provarne la colpevolezza, non può mantenere l’abito, poiché lo ha costretto a implorare pietà dinanzi al capitolo; e se smentisce davanti al capitolo, sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito; e anche se non lo fa comparire dinanzi al capitolo, non potrà avere indietro l’abito, qualunque cosa dica, a meno che non smentisca e desista dall’errore.
236. La quarta cosa è se un fratello ha commercio con una donna, poiché giudichiamo colpevole il fratello che entri in un luogo di malaffare o in un postribolo, con una peccatrice, da solo o in cattiva compagnia; venga privato dell’abito e messo in catene. E non potrà portare il gonfalone bicolore, né il sigillo d’argento, né potrà partecipare all’elezione del maestro; secondo la procedura già adottata numerose volte.
235. La terza cosa è se un fratello colpisce un cristiano o una cristiana con un oggetto aguzzo, una pietra, un bastone o con qualunque altra cosa capace di ferire o uccidere con un solo colpo; sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito.
234. La seconda cosa è se un fratello, preso da ira o furore, alza le mani su un altro fratello; venga privato dell’abito. E se ha colpito con durezza, può essere messo in catene. E non potrà portare il gonfalone bicolore, né il sigillo d’argento, né partecipare all’elezione del maestro; secondo la procedura già adottata numerose volte. E prima che la sua colpa venga giudicata, dovrà farsi assolvere, poiché è incorso nella scomunica; e se non è assolto non può mangiare con i fratelli né recarsi in chiesa. E se colpisce un religioso o un chierico deve farsi assolvere prima che venga esaminata la sua colpa.
233. La prima cosa è se un fratello disobbedisce ai comandamenti della casa e persevera nella propria follia e non intende eseguire gli ordini ricevuti; deve essere privato dell’abito e può essere messo in catene; ma se si pente prima che l’abito gli sia stato tolto e non ha causato danno alla casa, sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. Poiché quando un fratello riceve l’ordine di servire la casa, deve rispondere: «In nome di Dio». E se risponde: «Non lo farò», il commendatore deve convocare senz’altro il capitolo, invitando gli anziani del convento a privarlo dell’abito, poiché ha rifiutato di eseguire un ordine; infatti il primo voto che facciamo è il voto di obbedienza.
232. La nona cosa è se un fratello abbandona il gonfalone e fugge per paura dei Saraceni (sarà espulso dalla casa).
231. L’ottava cosa è se uno pratica l’eresia o va contro la legge di Nostro Signore.
230. La settima cosa è se uno abbandona la casa e passa ai Saraceni (sarà espulso dalla casa).
229. La sesta è la comunella: infatti la comunella si ha fra due o più fratelli.
228. La quinta cosa è se uno lascia un castello o una fortezza per una via diversa dalla porta prescritta.
226. La terza cosa è se uno uccide o provoca la morte di un cristiano o di una cristiana.
225. La seconda cosa è se un fratello rivela i segreti del capitolo a un fratello che non vi ha preso parte o a chiunque altro.
224. La prima cosa per cui un fratello del Tempio può essere espulso dalla casa è la simonia, poiché chi è accolto nella casa mediante simonia deve essere espulso a causa di essa; infatti egli sarà dannato. Commette simonia che fa doni o promesse a un fratello del Tempio o a un’altra persona al fine di essere accolto nell’Ordine del Tempio.
198. Quando il maestro muore, Dio dispone della sua anima; se decede, mentre si trova nel regno di Gerusalemme, il maresciallo, se è presente, prende provvisoriamente il suo posto e tiene capitolo in virtù della carica che ricopre, finché insieme, al convento e a tutti i balivi d’Oriente, non provvede a nominare un gran commendatore che ricopra la carica di maestro. E deve convocare tutti i valorosi del baliato e invitare tutti i prelati del regno e tutti i fedeli al funerale e alla sepoltura. E la cerimonia funebre deve essere celebrata fra una luminaria di candele, e il maestro deve essere sepolto con tutti gli onori. E solo il maestro ha diritto a questa luminaria di candele, in virtù del suo magistero.
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190. Il fratello infermiere deve avere tanto giudizio da chiedere ai fratelli infermi che non possono mangiare il cibo servito nell’infermeria, e non osano chiedere altro, che tipo di cibo si sentano di mangiare, e i fratelli infermi devono rispondere alle sue domande; ed egli lo deve preparare e servire finché essi non possano mangiare il cibo comune dell’infermeria. Ciò vale soprattutto per i fratelli indeboliti, sofferenti o convalescenti dalla malattia. E coloro che soffrono di febbre quartana possono avere carne tutti i giorni, tranne il venerdì, così come nel periodo di digiuno compreso fra S. Martino e l’Avvento, e tre giorno la settimana durante l’Avvento.
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182. Il maestro e tutti i fratelli sani e robusti devono mangiare nel refettorio dopo aver ascoltato il benedicite; e ciascun fratello deve dire un paternoster, prima di tagliare il pane e non durante il pasto. E dopo aver mangiato deve rendere grazie a Dio nella chiesa, se è vicina al refettorio, o altrimenti nel refettorio stesso.
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181. I fratelli casalieri devono avere due cavalli e uno scudiero e la stessa razione di orzo del maestro; e possono dare quattro denari a ciascun fratello; e possono avere una ventriera per i loro cavalli.
180. I fratelli sergenti, commendatori delle case, devono avere un cavallo e la stessa razione degli altri fratelli del convento; possono dare quattro denari a ciascun fratello e avvalersi di un sergente come scudiero. Se il gonfaloniere lo ritiene opportuno, può assegnare loro uno scudiero.
177. Il gonfaloniere deve avere due cavalli, una tenda e la stessa razione dei fratelli del convento; e ha diritto a farsi trasportare la tenda dalle bestie da soma; e tutti gli scudieri della casa sono soggetti alla sua autorità, ovunque egli venga a trovarsi; spetta a lui assumerli, ascoltarne il giuramento e comunicare loro le leggi della casa e le colpe per cui possono essere espulsi, messi in catene o frustati; e deve assicurarsi che al termine del servizio vengano pagati. E può riunirli e tenere capitolo ogni volta che lo ritiene opportuno ed è necessario, e punire quelli che hanno trasgredito i suoi ordini, secondo quanto è stabilito dalla casa; e deve assicurarsi che ricevano orzo, paglia e alloggio. I fratelli responsabili del granaio e le sentinelle sono soggetti alla sua autorità e devono avere un cavallo ciascuno.
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173. Il sotto-maresciallo deve avere due cavalli, una tenda e la stessa razione degli altri fratelli; e ha diritto a farsi trasportare la tenda dalle bestie da soma. E spetta a lui distribuire ai fratelli l’equipaggiamento minuto, nonché farlo caricare e ripararlo, se ne dispone; può donare vecchie selle, coperte, botticelle, reti da pesca, lance, spade, cappelli di ferro, vecchie armi turche e balestre, gualdrappe nuove, le quali appartengono al maresciallato, e gualdrappe; e può distribuire l’equipaggiamento minuto, indipendentemente dalla presenza del maresciallo, purché non si tratti di oggetti proibiti dal maresciallo. Il sotto-maresciallo non può distribuire l’equipaggiamento pesante, se non per ordine del maresciallo.
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169. Il fratello turcopolerio deve avere quattro cavalli e un turcomanno in luogo di un mulo; una piccola tenda e le stesse razioni degli altri fratelli; e ha diritto a farsi trasportare l’orzo, la tenda e il caldaio dalle bestie da soma. E se quando viene dato l’allarme si trova nei suoi alloggiamenti o all’interno dell’accampamento, non deve allontanarsi senza permesso, ma deve attendere istruzioni dal maresciallo. E non deve andare di persona, ma deve inviare uno dei due turcopoli nel luogo in cui si è dato l’allarme, per vedere di che si tratta; dopodiché ne deve informare il maresciallo o chi ne fa le veci, in modo che possa dare disposizioni e ordini.
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164. Quando il maresciallo lo ritiene opportuno, si fa consegnare, in nome di Dio, il gonfalone dal sotto-maresciallo, e se il maresciallo non lo trattiene, il sotto-maresciallo raggiunge il turcopolerio. Quindi il maresciallo ordina a cinque o sei, fino ad un massimo di dieci fratelli cavalieri di proteggere lui e la bandiera; e questi cavalieri devono sbaragliare il nemico tutt’intorno al gonfalone e dare il meglio di sé senza dividersi o abbandonare la posizione, ma anzi mantenendosi il più vicino possibile al gonfalone in modo da poterlo proteggere se necessario. E gli altri fratelli possono attaccare davanti, di dietro, a sinistra e a destra, ovunque ritengano di poter opprimere il nemico, in modo da poter soccorrere il gonfaloniere ed essere da questo sostenuti, se necessario.
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161. Quando i fratelli sono divisi in squadroni, non devono andare da uno squadrone all’altro, né montare a cavallo, o prendere lancia e scudo senza permesso; e quando hanno preso le armi devono disporre gli scudieri con la lancia dinanzi a loro e quelli col cavallo di dietro, a seconda delle istruzioni del maresciallo, o di chi ne fa le veci; e fintantoché sonno nello squadrone nessuno deve volgere indietro il cavallo per combattere o incitare i compagni, né per nessun altro motivo.
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156. Quando escono a cavallo, i fratelli non devono far mettere le selle, né caricare l’equipaggiamento, né montare in arcione, né muoversi dal loro posto, fino a che il maresciallo non fa dare l’ordine; ma i picchetti delle tende, le borracce vuote, la scure e le funi da campo e le reti da pesca, possono essere sistemati sul cavallo prima che venga dato l’ordine di muoversi. E se un fratello desidera parlare con il maresciallo deve andare da lui a piedi e, dopo aver conferito con lui, deve tornare al suo posto e non deve abbandonarlo finché non viene dato l’ordine di montare a cavallo e abbandonare l’accampamento.
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148. Quando il gonfaloniere si ferma nel luogo designato, i fratelli devono piantare le tende intorno alla cappella e fuori dalle funi, ciascuno insieme ai propri commilitoni. E dopo aver piantato le tende occorre riporvi l’equipaggiamento; dopodiché ciascun cavaliere individuerà una zona destinata ed accogliere il proprio seguito. Ma nessuno deve prendere posto finché non si levi il grido: <<Signori fratelli, accampatevi, in nome di Dio>>. E finché il maresciallo non abbia preso posto; prima di ciò devono essere piantate solo le tende del maestro, la cappella, la tenda della mensa e la tenda del commendatore della provincia; e se un fratello prende posto senza averne avuto il permesso, il maresciallo può toglierlo e assegnarlo a chi più gli piace. E ognuno deve pendere posto nella cappella, così come in chiesa, ovvero fra la porta e il centro, poiché più avanti darebbe noia al prete, e per tale motivo è proibito. E quando si celebrano le ore, se un fratello si avvede che manca quello che occupa il posto accanto al suo, deve andare a cercarlo.
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137. In assenza del maresciallo, il commendatore dei cavalieri è alle dipendenze, sia in pace sia in guerra, del commendatore della terra (quando non è presente il maresciallo), ma ha la prerogativa di autorizzare i fratelli a sottoporsi a un salasso, lavarsi e correre a cavallo. E può autorizzare uno dei fratelli a trascorrere una notte fuori dal convento; e in assenza del maresciallo e del commendatore della provincia, può tenere capitolo.
138. Ciascun fratello cavaliere deve avere tre cavalli e uno scudiero; un quarto cavallo e un secondo scudiero possono essere assegnati a discrezione del maestro; ciascun fratello riceve inoltre una eguale razione d’orzo per i suoi cavalli; un usbergo, una calzamaglia di ferro, un elmo, un copricapo di ferro, una spada, uno scudo, una lancia, una mazza turca, degli spallacci, una cotta d’arme, calzature d’armi, e tre coltelli: un pugnale, un coltello per il pane e un temperino. E ancora due gualdrappe, due camicie, due paia di brache, e due paia di calzamaglie; e una piccola cintura di cuoio da allacciare sopra la camicia. E ciascun fratello deve dormire così vestito, a meno che non sia ricoverato nell’infermeria, o abbia ricevuto il permesso dei superiori. E ha diritto a un giustacuore con falde davanti e di dietro, una giubba di pelliccia, due mantelli bianchi, uno dei quali foderato di pelliccia;m e al giungere dell’estate il mantello foderato di pelliccia deve essere restituito al drappiere che deve riporlo nella sartoria.
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132. I cavalieri commendatori delle case devono avere quattro cavalli e due scudieri ciascuno; due dei loro cavalli devono ricevere la stessa razione dei quelli del maestro e gli altri due una razione uguale al resto del convento. Quando i fratelli del convento hanno tre cavalli, essi possono averne quattro; e quando i fratelli del convento hanno due cavali essi possono averne tre. Questi commendatori possono versare cento bisanti al maresciallo, cinquanta bisanti al drappiere, venti bisanti al sotto-maresciallo e dieci all’aiuto-drappiere; ai fratelli del convento un bisante ciascuno, o una cotta, o una camicia, o una casacca, o una pelle di daino o un tessuto di lino.
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125. I commendatori delle terre di Tripoli e Antiochia hanno, ciascuno, quattro cavalli e, in luogo di un mulo, un palafreno, un fratello sergente con due cavalli, un diacono con un cavallo, un turcopolo con un cavallo, uno scrivano saraceno con un cavallo e un fante. E all’interno dei loro baliati svolgono, un sua assenza, la funzione del maestro. Dispongono di una tenda circolare, di uno stendardo bicolore e sono accompagnati da un cavaliere, che devono elevare di rango, in modo che sia consentito di viaggiare da una provincia all’altra; e ricevono tanto orzo quanto il maestro. E tutti coloro che risiedono nelle case del Tempio comprese nei loro baliati ricadono sotto la loro autorità, sia in tempo di pace, sia in tempo di guerra; fintantoché restano in carica possono tenere capitolo in caso di assenza del maestro.
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120. Il commendatore della città di Gerusalemme deve avere quattro cavalli, e, al posto di un mulo, un turcomanno o un bel ronzino, due scudieri, un fratello sergente con due cavalli, uno scrivano saraceno con un cavallo e un turcopolo pure con un cavallo; riceve razioni uguali a quelle del maestro e il commendatore dei cavalieri di Gerusalemme ricade sotto la sua autorità.
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110.Il commendatore del regno di Gerusalemme dispone di quattro cavalli e di un palafreno in luogo del mulo; ha diritto a due scudieri, un sergente con due cavalcature, un diacono che sappia scrivere, un turcopolo con un cavallo, uno scrivano saraceno con un cavallo e due fanti al pari dei siniscalco; dispone inoltre di una tenda per gli scudieri e di un padiglione come il maresciallo. Suo compagno è il drappiere della casa.
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101. Il maresciallo deve avere quattro cavalli e due scudieri, e invece del mulo gli viene assegnato un bel turcomanno, e se qualcuno dei fratelli glielo chiede egli può rifiutare di darlo via se non gli aggrada. Ma se dispone di un roncin da combattimento e un fratello glielo chiede deve darglielo. Consegnare lo stallone di un altro fratello. Ha diritto anche a un sergente con un cavallo, al quale se lo desidera può prestare un’altra delle cavalcature della carovana; deve avere un turcopolo con un cavallo, e una tenda a quattro falde, tre aste, due picchetti, più una tenda per gli scudieri e l’equipaggiamento; e deve avere armi e razioni in misura uguale agli altri fratelli del convento. E durante gli spostamenti di ogni genere, è il carro del commendatore del luogo a trasportare la sua tenda, il suo orzo e il suo calderone.
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99. Il siniscalco deve avere quattro cavalcature e un palafreno al posto di un mulo; ha diritto a due scudieri, ed è accompagnato da un fratello cavaliere, anch’egli con quattro cavalli e due scudieri; deve disporre inoltre di un sergente con due cavalli, di un diacono che celebri per lui le ore canoniche, un turcopolo con un cavallo, uno scrivano saraceno con un cavallo, e di due fanti, e può portarli tutti con sé. E deve avere un sigillo come il maestro.
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77. Il maestro ha diritto a quattro cavalli, un cappellano, un chierico con tre cavalli, un sergente con due cavalli e un valletto di nobile lignaggio con un cavallo che porta il suo scudo e la sua lancia; se lo desidera il maestro può fare cavaliere il valletto che lo ha servito per un certo periodo; ma ciò non dovrebbe accadere troppo spesso. Ha diritto inoltre a un maniscalco, uno scrivano saraceno, un turcopolo, e un cuoco; e può avere due fanti e un turcomanno4 che deve essere sempre sorvegliato nella carovana. E quando il maestro si reca a cavallo da un luogo all’altro il turcomanno deve essere scortato ad uno scudiero a cavallo; al ritorno del maestro, il turcomanno deve tornare nella carovana e durante i periodi di guerra rimane al suo seguito.
75. La natività di Nostro Signore; la festa di S. Stefano; di S. Giovanni evangelista; SS. Innocenti martiri; l’ottavo giorno dopo Natale, che è Capodanno; l’Epifania; la Candelora; S. Mattia apostolo; L’Annunciazione di Nostra Signora in marzo; Pasqua e i tre giorni successivi; S. Giorgio; SS. Filippo e Giacomo apostoli; il ritrovamento della Santa Croce; l’Ascensione di Nostro Signore; la Pentecoste e i due giorni successivi; S. Giovanni Battista; SS. Pietro e Paolo apostoli; S. Maria Maddalena; S. Giacomo apostolo; S: Lorenzo; l’Assunzione di Nostra Signora; la natività di Nostra Signora; L’esaltazione della Santa Croce; S. Matteo apostolo; S. Michele; SS. Simone e Giuda; festa di Ognissanti; S. Martino d’inverno; S. Caterina d’inverno; S. Andrea; S. Nicolò d’inverno; S. Tommaso Apostolo.
76. Nessuna delle altre feste sia affatto osservata nella casa del Tempio. Vi esortiamo inoltre ad attenervi rigorosamente a questa norma: tutti i fratelli del Tempio digiuneranno dalla domenica che precede S. Martino fino alla Natività di Nostro Signore, a meno che non ne siano impediti da qualche infermità. E se la festa di S. Martino cade di domenica, i fratelli faranno a meno della carne la domenica precedente.
74. I fratelli del Tempio, presenti e futuri, sappiano che devono digiunare alla vigilia delle feste dei dodici apostoli. Ovvero: SS. Pietro e Paolo; S. Andrea; SS. Giacomo e Filippo; S. Tommaso; S. Bartolomeo; SS. Giuda e Simone; S. Giacomo; S. Matteo. La vigilia di S. Giovanni Battista; la vigilia dell’Ascensione e i due giorni che precedono le rogazioni; la vigilia di Pentecoste; le Quattro Tempora; la vigilia di S. Lorenzo; la vigilia dell’Assunzione di Nostra Signora; la vigilia di Ognissanti; la vigilia dell’Epifania. Nei giorni citati occorrerà osservare il digiuno secondo i comandamenti stabiliti da papa Innocenzo nel concilio che si è tenuto a Pisa. E se qualcuna delle feste menzionate cade di lunedì, si digiunerà il sabato precedente. Se la natività di Nostro Signore cade di venerdì i fratelli mangeranno ugualmente la carne per onorare la festa. Ma digiuneranno per la festa di S. Marco per le litanie stabilite dalla Chiesa di Roma a beneficio degli agonizzanti. Tuttavia non digiuneranno se tale festa cade durante l’ottava di Pasqua.
73. Tutti i comandamenti citati e scritti nella presente regola sono soggetti alla discrezione e al giudizio del maestro.
72. Nessun fratello oserà, d’ora in avanti, tenere a battesimo un bambino e nessuno avrà vergogna nel rifiutare di essere padrino o madrina; tale vergogna procura infatti più gloria che infamia.
71. Stimiamo pericoloso per qualunque uomo di religione guardare troppo a lungo il volto femminile. Pertanto nessuno di voi osi baciare una donna, essa sia vedova o fanciulla, sia essa madre, sorella, zia o altro; e d’ora in avanti i Cavalieri di Gesù Cristo eviteranno ad ogni costo di baciare le donne, a causa delle quali sovente gli uomini si sono perduti, in modo da rimanere per sempre dinanzi al volto di Dio, con la coscienza pura e l’animo saldo.
70. La compagnia delle donne è pericolosa, poiché il demonio, da sempre loro compagno, ha potuto distogliere molti dalla retta via del paradiso. D’ora in avanti le donne non saranno più accolte nella casa del Tempio in qualità di sorelle4; carissimi fratelli, d’ora in avanti converrà abbandonare tale usanza, in modo che il fiore della castità rimanga sempre fra voi.
69. Se uomini sposati chiedono di essere ammessi a partecipare alla confraternita, ai benefici e alle devozioni della casa, vi consentiamo di accoglierli alle seguenti condizioni: che dopo la loro morte il marito e la moglie lascino una parte dei loro beni e tutto ciò che hanno acquisito dal momento dell’ingresso nell’Ordine; che conducano nel frattempo vita onesta e si sforzino di ben comportarsi nel confronti dei fratelli; che non indossino il mantello o altre vesti di color bianco; inoltre qualora muoiano prima della consorte, una parte dei beni andrà ai fratelli e l’altra alla moglie affinché possa mantenersi finché rimane in vita; inoltre non riteniamo giusto che tali confratelli3 debbano condividere la casa con i fratelli che hanno fatto voto di castità dinanzi a Dio.
68. Per volontà unanime del capitolo, noi decretiamo che sia decisa la condanna e l’espulsione di chiunque tenga abitualmente un contegno sconveniente nella casa di Dio e dei cavalieri del Tempio; comandiamo inoltre che il mantello bianco non venga assegnato a sergenti e scudieri, poiché tale usanza ha molto nuociuto alla casa; infatti nelle regioni poste al di là delle montagne vi era l’uso di accogliere falsi fratelli, uomini sposati e altri che dicevano di essere fratelli del Tempio e invece appartenevano al mondo. Ci arrecarono tanta vergogna e a tal punto nocquero all’Ordine che perfino i loro scudieri se ne vantavano; e ne nacquero numerosi scandali. Perciò non mancate di assegnare i loro mantelli neri; in mancanza di questi, date loro qualunque veste riusciate a reperire nella provincia; o quanto vi sia di meno costoso, ovvero un burello.
67. É opportuno che gli scudieri e sergenti che giungono da terre diverse, spinti dal desiderio di servire la carità per la salvezza delle loro anime, nella casa del Tempio, e per un periodo determinato, pronunciano un formale giuramento, affinché l’invidioso nemico non possa indurli a pentirsi e a rinunciare ai loro buoni propositi.
66. Ordiniamo a tutti i cavalieri laici che desiderano con purezza di cuore di servire Gesù Cristo e la casa del Tempio di Salomone per un periodo determinato di acquistare onestamente un cavallo e armi adatti e quant’altro è necessario a tale scopo. Inoltre disponiamo che ambo le parti concordino il prezzo del cavallo e lo mettano per iscritto in modo che non possa essere dimenticato; ciò di cui abbisognano il cavaliere, il suo scudiero e il suo cavallo, ivi compresi i ferri di cavallo, verrà loro assegnato per carità fraterna, in base alle possibilità della casa. Se durante la permanenza del cavaliere, il suo cavallo dovesse morire mentre è impegnato al servizio della casa, se la casa può permetterselo, il maestro gliene assegnerà un altro. Se, al termine del servizio, il cavaliere desidera far ritorno in patria, in segno di carità lascerà alla casa metà del prezzo del cavallo, e se lo desidera potrà prendere l’altra metà dalle elemosine della casa.
65. Coloro che prestano servizio in nome della misericordia e rimangono presso di voi per un periodo determinato sono cavalieri della casa di Dio e del Tempio di Salomone; perciò se durante tale periodo uno di loro dovesse essere chiamato a Dio, vi comandiamo fermamente, in nome dell’amore di Dio e della misericordia fraterna, di nutrire un povero per sette giorni per il bene dell’anima del defunto, e che ogni confratello della casa dica trenta paternoster.
64. Nella sua interezza e di comune accordo, il concilio vi ordina di rendere le offerte e le elemosine, di qualunque genere, ai cappellani e ai chierici e a coloro che vivono nella carità per un periodo determinato. Nel rispetto della volontà del Signore Dio, i servi della Chiesa riceveranno solo cibo e abiti, e non potranno possedere nient’altro a meno che il maestro, per misericordia, non voglia donar loro qualcosa.
62. Quando un fratello passa dalla vita alla morte, alla quale nessuno può sfuggire, direte una messa per la sua anima con purezza di cuore, e l’ufficio divino sarà celebrati dai sacerdoti che servono il Re supremo; e voi che siete al servizio della carità per un periodo determinato, presenti nella casa dove giace la salma, diranno, nei sette giorni seguenti, cento paternoster. E tutti i fratelli che sono alle dipendenze della casa dove è avvenuta la morte, quando ne saranno avvertiti diranno cento paternoster nel modo suddetto, per amore di Dio. Inoltre, vi esortiamo e comandiamo in virtù della nostra autorità pastorale di dare per quaranta giorni carne e vino a un povero in memoria del fratello defunto, come se egli fosse ancora vivo. Sono espressamente vietate tutte le altre offerte che solevano essere fatte, liberamente e e senza discrezione, da parte dei poveri Cavalieri del Tempio per la morte di un fratello, in occasione della Pasqua e di altre festività.
61. I fratelli infermi saranno trattati con riguardo, curati ed accuditi secondo le parole del vangelo e di Gesù Cristo: Infirmus fui et vivitastis me. Ovvero: «Ero malato e mi avete visitato» non dimenticatelo. Poiché i fratelli colpiti dalla sventura dovranno essere trattati con pazienza e premura, e tale servizio compiuto con pronta sollecitudine vi farà guadagnare il regno del paradiso. Raccomandiamo pertanto che il fratello infermiere provveda con diligenza e accortezza,in base alle possibilità e ai mezzi della casa, a procurare quanto è necessario ai diversi fratelli malati, come carne di animali e uccelli e altri alimenti che giovano alla salute.
60. Ispirati dalla pietà, ordiniamo che ai fratelli anziani e malfermi vengano riservati onore e reverenza, e siano trattati con riguardo a causa della loro debolezza; essi saranno ben provvisti per ordine della regola di tutto ciò che è necessario per il benessere fisico, in modo che non debbano mai trovarsi in difficoltà.
59. Sappiamo, per vero, che i persecutori e la gente che ama le dispute e cerca di tormentare con crudeltà i fedeli della Santa Chiesa e i loro amici, sono innumerevoli. Se nell’ambito di una contesa, in Oriente o in qualunque altra regione, una delle due parti in causa, conoscendovi per uomini leali e amanti della verità, vi chiede di pronunciarvi sulla questione, siete tenuti a farlo per esplicito ordine di questo concilio, purché anche l’altra parte acconsenta. Vi atterrete sempre e comunque a questa norma in ogni circostanza.
58. Voi che avete abbandonato i piaceri del mondo, avete scelto liberamente di sottomettervi alla povertà; pertanto abbiamo stabilito che voi che vivete la vita comunitaria possiate riscuotere le decime. Se il vescovo locale, al quale le decime andrebbero di diritto, desidera donarvele in nome della carità, può, con il consenso del capitolo, trasferirvi le decime spettanti alla Chiesa. Inoltre, se un laico trattiene le decime del suo patrimonio, a suo danno e contro la Chiesa, e vuole cedervele, può farlo con il permesso del prelato e del suo capitolo.
57. Riteniamo che questo nuovo Ordine sia nato nella Terrasanta d’Oriente, grazie alle Sacre Scritture e alla sua divina provvidenza. Ciò significa che questa confraternita di cavalieri in armi possa uccidere i nemici della Croce, senza commettere peccato. Per questa ragione vi confermiamo il diritto di essere chiamati cavalieri del Tempio. Due volte meritevoli perché onesti e virtuosi, e il diritto di possedere terre e gestire uomini, contadini e compagne che governerete con equanimità, col diritto di usarne secondo quanto è stato specificamente stabilito.
56. Invero il vostro dovere consiste nell’offrire le vostre anime per la salvezza dei vostri fratelli, come fece Gesù Cristo, e nel difendere la terra dei pagani miscredenti nemici del figlio della Vergine Maria. Tuttavia la suddetta proibizione a cacciare non riguarda affatto il leone, il quale è sempre in cerca di vittime da divorare, le sue zampe contro ogni uomo e le braccia di ogni uomo contro di lui.
55. In piena concordia di vedute vietiamo ad ogni fratello di cacciare uccelli per mezzo di altri uccelli. Non si addice ad un uomo di religione soccombere ai piaceri, bensì ascoltare di buon animo i comandamenti di Dio, pregare di frequente e confessare ogni giorno, fra le lacrime, i propri peccati. In particolare nessun fratello ritenga lecito accompagnare un altro uomo che cacci gli uccelli per mezzo di altri uccelli. È piuttosto confacente ad un uomo di religione procedere quietamente e umilmente, senza ridere o parlare troppo, ma esprimendosi in modo assennato e senza alzare la voce: per tale motivo in particolare vietiamo a tutti i fratelli di cacciare animali per i boschi con archi e balestre, o di accompagnare un cacciatore, a meno che non si tratti di salvarlo dagli infedeli pagani. Né dovrete andare appresso ai cani, né gridare o chiacchierare, e neanche spronare il cavallo per bramosia di catturare una fiera.
54. Questa disposizione avrà effetti benefici per tutti, pertanto ordiniamo che d’ora in avanti venga fermamente rispettata, e che nessun fratello adoperi sacche per la biada di lino o lana, né di altri materiali, al di fuori della tela da sacco.
53. I fratelli non adopereranno foderi per le lance o coperture per gli scudi, perché non offrono alcun vantaggio, anzi sono notoriamente assai pericolosi.
52. Nessun fratello cavaliere avrà oro o argento sulle briglie, le staffe, o gli speroni. Ciò nel caso che intenda acquistarli; ma se accade che gli vengano donati, in segno di carità, vecchi finimenti dorati, in cui l’oro e l’argento siano stati grattati via e non possano essere ammirati per il loro splendore, né diventare causa di vanità, allora potrà tenerli. Ma se i finimenti dorati sono nuovi siano sottoposti all’approvazione del maestro.
51. A causa della grande povertà che regna nel tempo presente nella casa di Dio e del Tempio di Salomone, ogni fratello cavaliere non potrà avere più di tre cavalli senza il permesso del maestro. Ad ogni fratello cavaliere assegniamo tre cavalli e uno scudiero, e se lo scudiero si mostrerà ben disposto nel servire la carità, il cavaliere non lo dovrà battere ad ogni mancanza.
50. Vi ordiniamo fra l’altro di attenervi strettamente e con fermezza alla norma seguente: nessun fratello chiederà esplicitamente ad un altro di cedergli il cavallo o l’armatura. Piuttosto farà in questo modo: se per un’infermità o a causa delle cattive condizioni dei suoi animali e della sua armatura, il fratello non sia in grado di uscire e operare per la casa, senza mettere a repentaglio la propria incolumità, si rechi dal maestro, o da chi ne fa le veci, e lo informi della situazione fraternamente e con purezza d’intenti; dopodiché rimanga a disposizione del maestro o di chi ne fa le veci.