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La vita conventuale

279 – 339: La vita conventuale – Regole della vita quotidiana dei fratelli


279.Ogni fratello del Tempio deve sapere che il primo dei suoi vincoli è servire Dio, e ciascuno vi si deve dedicare con tutto l’intelletto e la partecipazione, soprattutto nell’ascoltare le sacre funzioni; infatti nessuno deve sottrarvisi fintantoché si trova alle dipendenze della casa. Poiché come dice la nostra regola, se amiamo Dio, ascolteremo ben volentieri se Sue sante parole.
280.Nessun fratello deve assistere alle funzioni religiose senza l’abito. E nessuno deve bere o mangiare senza l’abito; e tutti devono tenere l’abito in modo da vere i lacci sul collo. E chi, durante le funzioni, indossa la cappa dovrà portare anche la tunica con la sua giubba d’armi, se non ha il mantello; e ciò vale anche per i pasti.
281.Quando la campana suona per il mattutino, ciascun fratello deve alzarsi prontamente, vestire il suo mantello, indossare la calzamaglia, andare in chiesa e ascoltare la messa; e nessuno deve rimanere nel dormitorio durante il giorno, a meno che non sia infermo o affaticato. Ma deve avere il permesso del maestro o di chi ne fa le veci. Ciascun fratello può assistere al mattutino in camicia e brache, e con il cappuccio e senza alcuna cintura, tranne quella piccola. Deve avere calzature e scarpe, e l’abito come si è detto più sopra. E riguardo alle altre funzioni, ciascun fratello dovrà presenziarvi vestito di tutto punto, a seconda delle condizioni del tempo e delle stagioni.
282.Mentre sono in chiesa per ascoltare il mattutino, i fratelli devono rimanere tranquilli e in silenzio; e recitare tredici paternoster per i mattutini della Vergine e, se vogliono, tredici per quelli del santo del giorno. Ma se vogliono possono esimersi del recitarli, poiché li ascoltano, ma è preferibile dirli piuttosto che ascoltarli.
283.Dopo il mattutino, ciascuno deve occuparsi dei cavalli e dell’equipaggiamento, se è possibile; e se vi è qualcosa da perdonare, perdonarla o dare le disposizione necessarie. E se un fratello deve parlare con il proprio scudiero deve farlo a bassa voce, dopodiché può tornare a dormire. Ma prima di addormentarsi deve dire ancora un paternoster, affinché Nostro Signore lo perdoni, se ha commesso qualche mancanza, violando la consegna del silenzio o altro.
284.Quando la campana suona l’ora prima, ciascun fratello si deve alzare prontamente, vestirsi di tutto punto, come si è detto più sopra, raggiungere la cappella e ascoltare la funzione per intero. Innanzitutto la funzione dell’ora prima e quindi, se può, la messa; e dopo la messa deve ascoltare o recitare le ore terza e sesta, secondo l’usanza della casa. E se un fratello vuole ascoltare o dire terza e sesta prima della messa, può farlo. E quando la prima messa è cantata, se poi in chiesa non vengono celebrate altre messe, i fratelli possono prendervi parte. Se non hanno incarichi da svolgere è preferibile che si rechino a messa; ma ciascuno è libero di andare dopo aver sentito la prima messa, terza e sesta, come si è detto più sopra. Ma prima di recarsi in qualunque altro luogo, ciascun fratello deve badare all’equipaggiamento, come già prescritto.
285.Se non sono a cavallo o non vi sono ordini particolari, dopo aver lasciato la cappella, i fratelli devono occuparsi dell’equipaggiamento e dell’armatura, riparando o facendo riparare quanto necessita di essere riparato, facendo costruire pali o picchetti per la tenda o quant’altro attiene al loro compito. E ciascun fratello deve evitare che il Nemico lo colga nell’ozio, poiché il Nemico1 assale con maggiore baldanza e più volentieri l’uomo che ha desideri malvagi e vani pensieri e dice parole empie, piuttosto che quello dedito a ben operare.
286.Quando suona la campana del desinare, quelli della prima tavola2 devono prendere posto, in modo che nessuno possa rimanere indietro senza permesso, tranne che per le cose indicate qui di seguito. Ma prima di mangiare, ciascuno deve aver recitato o ascoltato il mattutino, prima, terza e sesta, e soprattutto i sessanta paternoster che ciascun fratello del Tempio ha l’obbligo di recitare ogni giorno, per la salvezza dei fratelli e dei benefattori della casa, vivi e defunti; ovvero trenta per i morti, affinché Dio li liberi dalle pene del Purgatorio e li accolga in Paradiso, e trenta per i vivi, affinché Dio li liberi dal peccato, perdoni le loro colpe e conceda loro una fine degna. E nessun fratello dovrà esimersi dal recitare questi sessanta paternoster, per intero e ogni giorno, a meno che non sia tanto infermo da non poterli recitare senza nuocere al proprio corpo.
287.Quando hanno preso posto intorno al tavolo, se hanno un cappellano ed egli è in condizione di raggiungerli prontamente, i fratelli devono mandarlo a chiamare ed attendere che egli giunga; dopodiché devono assicurarsi che egli abbia pane, vino e acqua, se non devono mangiare altro; in caso contrario, quant’altro ci debba essere. Il cappellano deve impartire la benedizione e ciascun fratello deve alzarsi e recitare un paternoster in piedi, dopodiché ciascuno può sedersi e tagliare il pane; e nessuno deve tagliare il pane, mangiare o bere, prima che sia impartita la benedizione. E anche se non vi è un cappellano, ciascun fratello deve recitare il paternoster e osservare le altre norme; dopodiché ciascuno può mangiare, per amore di Dio.
288.E durante i pasti, ovunque il convento si trovi, un chierico leggerà le sacre scritture; e ciò è stato stabilito affinché i fratelli siano indotti a rimanere in silenzio per ascoltare le sante parole di Nostro Signore; perché così vuole la regola. Infatti sia nota a tutti che, ovunque il convento si trovi, i fratelli e tutti gli altri devono mangiare in silenzio. E anche nella mensa dell’infermeria ciascun fratello deve mangiare in pace e in silenzio.
289.Quando i fratelli mangiano insieme, nessuno deve mangiare o bere cose diverse da quelle degli altri (neppure il maestro, o chiunque altro), a meno che un fratello non chieda che gli venga servito un piatto diverso da quello servito in comune agli altri fratelli. Al momento del servizio l’altro piatto sarà servito dopo quello normale, affinché se qualcuno non gradisce l’uno possa prendere l’altro. E tale piatto deve essere sempre più misero di quello servito per primo; se un fratello non mangia il piatto comune può avere l’altro, se lo desidera.
290.Ciascun fratello del convento può chiedere e ottenere che gli sia dato il cibo della servitù. Ma se mangia il cibo della servitù non può mangiare il cibo del convento; e se mangia il cibo del convento, non può mangiare il cibo della servitù. Ciascun fratello che mangia in convento può chiedere ciò che mangiano gli altri fratelli, ma non deve mangiare l’altro piatto.
291.Nessuno dei fratelli del convento deve offrire il cibo che ha di fronte, il cane o quant’altro a uomini, uccelli o altri animali. Non deve invitare nessuno a bere dalla sua coppa, a meno che non si tratti di un uomo degno di mangiare nel convento. Tuttavia ciascun fratello può offrire da bere a un uomo venuto a conferire con lui; ma il vino dovrà provenire dalla cantina o da da qualunque altro luogo, ma non falla tavola del convento.
292.E un uomo valoroso può essere invitato a sedere a tavola con i fratelli, e prenderà posto ad un tavolo a seconda della sua importanza. Ma il fratello dovrà avvisare a far avvisare il commendatore della casa o del palazzo; e questo non può essergli rifiutato. – Neppure quando mangiano nella mensa dell’infermeria i fratelli devono offrire il cibo che hanno di fronte a uomini, uccelli o animali; né offrire da bere o da mangiare ad alcuno, tranne nei casi già visti a proposito dei fratelli che mangiano in refettorio. Ma è peggio se ciò avviene in convento piuttosto che in infermeria; e in ogni caso è proibito.
293.Nessuno che abiti in convento deve portare calzamaglie o due paia di brache, né sdraiarsi sul pagliericcio senza permesso, né coprirsi con schiavine o stuoie, né cercare con nessun altro mezzo la comodità del corpo; e sopra il materasso si potrà avere solo un lenzuolo.
294.Quando i fratelli mangiano in convento, nessuno che abbia spezzato il pane, o abbia mangiato o bevuto alcunché, a pranzo o a cena, può alzarsi mai da tavola, finché non ha concluso il pasto. E nessuno dei fratelli della prima tavola deve alzarsi prima degli altri, a meno che non perda sangue dal naso; in tal caso può alzarsi senza permesso, e tornare a sedersi dopo che il sangue si è fermato. E se viene dato l’allarme, qualora si sia certi che è stato un fratello o un uomo leale a gridarlo, o se i cavalli sono agitati, o se scoppia un incendio nella casa, i fratelli possono alzarsi senza permesso e successivamente tornare a tavola.
295.Dopo aver desinato, i fratelli della prima tavola devono alzarsi insieme, mentre il chierico dice Tu autem Domine…; e nessuno deve trattenersi in refettorio, e tutti insieme devono recarsi in chiesa, se si trova nelle vicinanze, e rendere grazie a Nostro Signore per quello che ha donato loro; E ognuno dirà un paternoster e se vi è fra loro un sacerdote o un chierico, precederà i fratelli in chiesa, e renderà grazie a Dio, reciterà le preghiere previste secondo l’usanza della casa. Ma se la chiesa non è prossima al refettorio, reciteranno le preghiere e renderanno grazie nel refettorio stesso, allo stesso modo che se fossero in chiesa. E dopo che si sono alzati da tavola non devono proferire parola prima di aver reso grazie a Dio, come già prescritto.
296.I fratelli dell’ultima tavola devono dire la benedizione come quelli della prima; e devono ricevere lo stesso cibo e porzioni uguali a quelle della prima, e devono essere serviti allo stesso modo; deve essere servito loro lo stesso cibo della prima tavola se ne è rimasto a sufficienza. Ma se non ne rimane a sufficienza, possono ricevere cibo diverso. Tuttavia non deve essere in alcun modo migliore di quello servito agli altri; e sia noto a tutti che i fratelli devono accoglierlo di buon grado e rimanere in silenzio. Sia chiaro inoltre che quanti servono e distribuiscono il cibo devono suddividerlo in modo che gli ultimi ne ricevano quanto i primi.
297.Quando i fratelli mangiano all’ultima tavola, non ha luogo la lettura delle Sacre Scritture; ma i fratelli devono nondimeno rimanere in silenzio e rispettare le norme cui sono soggetti quelli della prima, ad eccezione del fatto che quando un fratello dell’ultima tavola ha desinato, può alzarsi; ma deve rendere grazie e comportarsi nello stesso modo dei fratelli della prima.
298.Lo stesso vale per i fratelli che mangiano nell’infermeria, sia alla prima sia all’ultima tavola, allorché si tratta di alzarsi e rendere grazie. Ai fratelli dell’ultima tavola dell’infermeria dovrà essere servito lo stesso cibo dei quelli della prima, a meno che con ce ne sia a sufficienza; in tal caso si potrà servire loro un cibo diverso. E chiunque violi questa norma sarà accusato di ingordigia, e subirà una dura punizione; e ciò vale anche per i fratelli che tollerano i cibo comune dell’infermeria; poiché occorre favorire i più deboli, gli infermi e gli anziani; infatti così vuole la regola.
299.Se il commendatore del palazzo si avvede che il cibo abbonda nell’infermeria ma scarseggia nel convento, può invitare i fratelli dell’ultima tavola del refettorio a mangiare con lui nella mensa dell’infermeria; essi accoglieranno l’invito e il commendatore del palazzo farà servire loro nell’infermeria lo stesso cibo servito ai fratelli della prima tavola.
Dopo aver reso grazie a Dio, nel modo suddetto, ognuno tornerà alle proprie mansioni e farà del suo meglio per compiacere la volontà di Nostro Signore.
300.Quando si avvicina l’ora nona o il vespro, o qualunque altra ora, ciascun fratello deve essere abbastanza vicino da sentire la campana o da poter essere trovato se qualcuno lo cerca per invitarlo ad ascoltare le funzioni. Quando poi la campana suona per l’ora nona, ciascuno deve recarsi a sentire la funzione in chiesa. E poi, quando la campana suona per il vespro, ciascuno deve andare a sentire la funzione, e nessuno deve rimanere indietro senza permesso, ad eccezione del fratello incaricato del forno, se sta impastando, del fratello fabbro, se sta forgiando il ferro, nel qual caso può continuare a lavorare finché il ferro è caldo; e del fratello maniscalco, se sta preparando i ferri, oppure se sta ferrando un cavallo o un’altra cavalcatura. Ma appena hanno portato a termine il lavoro, anche loro devono andare in chiesa dove si cantano le ore e udirle o recitarle.
301.E dovete sapere che nessun fratello che non sia infermo deve bere vino fra pranzo e vespro; e quelli che mangiano nel convento non devono berne affatto fino a che non sia stata cantata l’ora nona.
302.Quando i fratelli hanno sentito o recitato i vespri, quelli che mangiano due volte al giorno devono andare alla prima tavola della cena, e nessuno deve restare indietro senza permesso, ad eccezione dei tre suddetti, i quali possono assentarsi dal pranzo e dalla cena, da nona e da vespri, peer i motivi suddetti; e in occasione della cena si dirà la benedizione, si ascolterà la lettura e si rispetteranno tutte le norme già viste per il pranzo.
303.Durante i digiuni, i fratelli devono ascoltare o recitare l’ora nona prima di desinare, dopodiché possono desinare, a meno che non sia la grande Quaresima; poiché dopo la prima domenica di quella Quaresima, nei giorni di digiuno, ciascun fratello può desinare solo dopo aver ascoltato o recitato i vespri.
304.Quando la campana suona per compieta, i fratelli si riuniscono in chiesa o nel luogo dove si riuniscono di solito e possono bere tutti insieme acqua o vino diluito, se così piace la maestro, o in base alle usanze della casa; ma devono rifuggire da ogni eccesso; poiché così vuole la regola. Quindi, se ricevono istruzioni, devono eseguirle tranquillamente e in silenzio. Dopodiché ciascun fratello ascolterà compieta o reciterà da solo, se non può ascoltare insieme agli altri fratelli.
305.E dopo compieta, ciascun fratello si prenderà cura dei cavalli e dell’equipaggiamento; e se lo desidera parlare con il proprio scudiero deve farlo sottovoce e dolcemente, dopodiché può andare a dormire. E quando sarà a letto deve dire un paternoster, affinché Dio possa perdonarlo se ha commesso qualche mancanza dopo compieta. E, fatti salvi i casi d’emergenza, ciascun fratello deve rimanere in silenzio da compieta fino all’ora prima.
306.E ogni fratello sappia che se non può ascoltare le ore prima, terza, sesta, nona e compieta, dovrà recitare i paternoster nel modo indicato qui di seguito. Quattordici paternoster ogni ora: sette per le ore di Nostra Signora devono essere recitate sempre per prime e sette per le ore canoniche. Le ore di Nostra Signora devono essere sempre recitate in piedi, mentre quelle del giorno possono essere recitate anche da seduti.
Per i vespri ciascuno reciterà diciotto paternoster: nove per Nostra Signora e nove per il giorno. Le ore di Nostra Signora devono essere sempre recitate per prime, poiché Nostra Signora fu all’inizio del nostro Ordine, e in lei e in suo onore, a Dio piacendo, avranno fine le nostre vite e il nostro Ordine, quando Dio vorrà.
307.Se un fratello ascolta le funzioni, può astenersi dal dire le orazioni; ma è preferibile e più salutare che le reciti. E sia noto a tutti che i fratelli che partecipano alla funzione in chiesa devono inginocchiarsi, alzarsi e sedersi insieme, secondo le regole dell’ufficio divino; e quanti non sono in grado di farlo a causa dalla loro infermità, devono porsi da parte, alle spalle degli altri fratelli.
308.Le ore devono essere ascoltate per intero e nessun fratello deve uscire dalla chiesa prima del termine della funzione, a meno che non debba svolgere un compito inevitabile, o debba andare in cerca del fratello che in chiesa occupa il posto accanto al suo; e se non si è presentato per la funzione, deve andarlo a cercare almeno nel dormitorio o presso i cavalli.
309.Ciascun fratello deve fare in modo di essere presente alla fine delle funzioni quando, ad eccezione di compieta, vengono fatti i richiami e vengono diramate le istruzioni, secondo l’usanza della casa; quando v’è compieta, gli ordini vengono diramati al momento della cena, prima che la funzione abbia inizio. E vengono comunicati prima che compieta abbia inizio, perché se fossero comunicati al termine, verrebbe violata la consegna del silenzio; ciononostante in caso di necessità può essere fatto, ma è meglio se viene fatto prima, senza violare la regola, che dopo. – Nessun fratello deve abbandonare il luogo della colazione prima del suono della campanella, a meno che non gli sia stato ordinato; e anche se un fratello non desidera bere, deve rimanere con gli altri per ricevere gli ordini.
310.Ogni fratello deve accogliere gli ordini di buon grado. Se un fratello non era presente alla fine di una funzione, deve chiedere agli altri che erano presenti se ci sono stati ordini, ed essi devono informarlo, a meno che non si tratti di qualcosa coperto dal segreto. Ma se sono state date istruzioni relative all’affidamento di incarichi, o altro, egli deve presentarsi subito dinanzi a colui che ha dato gli ordini e dire: «Signore, non ero presente alla comunicazione degli ordini». Quindi si atterrà a quanto gli viene comandato.
311.Al suono della campana i fratelli devono riunirsi, e nessuno deve rimanere dove si trova senza permesso. Nessun fratello può chiedere che un altro venga esonerato dalle funzioni, dalle chiamate, dal capitolo o da qualunque altro ufficio, a meno che non gli venga espressamente chiesto o comandato dal fratello stesso.
Se un fratello chiede ad un altro di farlo esonerare da un ufficio dal quale sia possibile essere esonerati, quel fratello deve farlo; se non lo fa è colpevole e il fratello che gliel’ha chiesto è prosciolto dall’accusa.
312.Nel chiedere l’esonero dalle funzioni per conto di un fratello, egli si deve esprimere nel modo seguente: «Sire, concedete l’esonero al fratello…». E deve farne il nome e spiegare il motivo per cui il fratello chiede d’astenersi dalle ore canoniche, sia che si tratti di infermità o di altro; si è voluto così affinché il commendatore conosca bene i fratelli. E se vede che quel fratello è aduso a mancare alle ore troppo spesso, lo ammonisce e lo invita a comportarsi secondo la regola; e se il fratello non si ravvede, il commendatore lo deve deferire al capitolo e può negargli l’esonero.
Nessun fratello deve chiedere a un laico o ad altri di chiedere l’esonero per suo conto; ma può chiedere a un laico o ad un altro di chiedere a un fratello che domandi l’esonero per suo conto.
313.Quando un fratello riceve un ordine dal maestro deve dire: «In nome di Dio» e, se rientra nelle sue capacità, eseguirlo prontamente. E se non è in grado di eseguirlo, deve domandare a qualcuno che chieda al maestro di scioglierlo dall’incarico, poiché non è in grado di portarlo a termine, o perché l’ordine è irragionevole; e se vede che le cose stanno così, il maestro deve annullare l’ordine. In tal modo deve comportarsi ogni commendatore nei confronti dei suoi sottoposti; e ciascun fratello deve rispondere: «In nome di Dio», quando il commendatore gli dà un ordine, ed eseguirlo come si è detto più sopra. Ciascun fratello deve guardarsi dal fare ciò che non è consentito nella casa.
314.Ciascun fratello deve andare alla funzione dell’ora prima vestito di tutto punto, infatti non deve andarci né in camicia, né in casacca, se non indossa sopra di esse la cotta o la tunica, né deve avere il cappuccio in testa. Dopo compieta nessuno deve pettinarsi; si può stare con la testa coperta solo in infermeria e mentre ci si reca a mattutino; ma durante l’ufficio cantato bisogna stare a capo scoperto.
315. Ciascun fratello deve prendersi cura con zelo del proprio equipaggiamento e dei propri cavalli. Nessuno deve far correre un cavallo che non sia riposato, né galoppare senza permesso, in particolare con uno di quelli che non usa abitualmente; se non cavalca per servizio, gli sia sufficiente andare al passo o all’ambio. Nessun fratello deve lanciare il proprio cavallo per un’intera corsa senza permesso. Se non porta la balestra e desidera lanciarlo al galoppo, può farlo per una, due o tre corse, anche senza permesso. Nessun fratello deve, senza permesso, far correre il proprio cavallo per mezza corsa portando un’altra persona, neppure se ha fretta. Nessun fratello deve far correre il proprio cavallo per un’intera corsa né portare armi senza permesso, quando non ha gli stivali, ma può fargli fare mezza corsa. Se un fratello intende di proposito lanciare il suo cavallo per un’intera corsa, deve indossare gli stivali. E’ vietato scagliare la lancia, durante i tornei dei fratelli cavalieri, poiché potrebbe causare danno. Nessun fratello deve ferrare, strigliare i propri cavalli, né compiere altre azioni che lo costringano a rimanere nelle stalle, senza permesso.
316. Nessun fratello deve prendere alcunché, senza permesso , dal luogo dov’è accampato un altro. Se un fratello trova il cavallo di un altro nel luogo dov’è accampato, non deve prenderlo né spostarlo, ma invitare il proprietario del cavallo a lasciargli il posto, e questi deve farlo; il maresciallo o chi ne fa le veci deve ordinargli di lasciare libero quel posto.
Quando un fratello esce a cavallo per diletto deve affidare il proprio posto e il proprio equipaggiamento alla sorveglianza di un altro fratello.
317. E’ vietato mettere in palio cavallo o altri beni, ad eccezione delle frecce di balestra spuntate, o altre cose che non causino esborso di denaro, come lanterne scoperte, mazzuoli di legno, picchetti o pioli per accampamenti o le tende. E tali oggetti, i quali non causano alcuna spesa, possono essere donati da un fratello all’altro, anche senza permesso. E ogni fratello del Tempio può gareggiare con un altro con la balestra mettendo in palio non più di dieci pezzi di candela, e tanto può perdere in un giorno; o anche una corda di balestra usata; ma non deve mai, senza permesso, lasciarla incustodita durante la notte. E nient’altro potrà essere messo in palio nelle sfide di tiro alla balestra. Allo spuntar del giorno nessuno deve allacciarsi la spada sopra la casacca o alla cintura.
I fratelli possono giocare con i propri picchetti, che non contengano ferro, a chevilles o a forbot. I fratelli del Tempio non possono giocare a nessun altro gioco, ma solo a campana per diletto e senza alcuna posta in palio. Non è consentito giocare a scacchi, trictrac o eschaçons.
318. E se un fratello trova l’equipaggiamento di un altro non deve appropriarsene; e se non sa di chi è deve portarlo o farlo potare nella cappella; ma se sa di chi è deve restituirlo al proprietario. Se l’equipaggiamento che è stato ritrovato e portato nella cappella appartiene alla casa, ma non si sa a quale fratello appartenga, deve essere consegnato al maresciallato se è di sua pertinenza, alla sartoria se è della sartoria, o a un altro degli artigiani.
319. Nessun fratello deve dare una razione maggiore di orzo a uno dei suoi cavalli a svantaggio degli altri. Nessun fratello deve cercare di procurarsi orzo per i suoi cavalli senza permesso, oltre a quello distribuito a tutti i fratelli nel granaio. Nessun fratello deve conservare la propria razione d’orzo quando ne prende un’altra, ma se lo fa deve dichiararlo. Quando i fratelli danno ai propri cavalli metà razione, tale razione deve essere di dieci (misure); e sia noto a tutti che i cavalli della carovana devono sempre avere metà razione, tale razione, ovvero dieci (misure); e anche i cavalli dei fratelli artigiani devono avere metà razione, ovvero dieci (misure). E deve essere sempre così, a meno che la casa non abbia usanze diverse; in particolar modo, che le messe razioni siano più grandi o più piccole.
320. Nessun fratello del convento può entrare in un borgo, un casale, un castello, un giardino, una fattoria o una dimora, posti a una distanza di una lega dalla casa, senza permesso; a meno che non sia in compagnia di un balivo il quale ha l’autorità di condurvelo.
E sia noto a tutti che ciascun fratello del convento o fratello artigiano deve guardarsi dall’entrare in un borgo, un giardino o una fattoria, a meno che non sia autorizzato. Nessun fratello del convento o artigiano deve mangiare o bere vino senza permesso in un luogo distante una lega o meno dalla casa in cui risiede, a meno che non vi sia costretto dalle circostanze; gli è invece concesso di bere acqua, se ne ha bisogno. Ma può bere vino se è in compagnia del vescovo o dell’arcivescovo, o di un altro prelato che sia più importante del vescovo. E se ha bisogno e lo desidera può bere nell’Ospedale di san Giovanni; ma deve comportarsi come se si comporterebbe se fosse nella casa.328. E se fra loro non vi è né un commendatore dei cavalieri, né un balivo, i fratelli devono scegliere quello fra loro che sembra il più assennato e nominarlo commendatore dei cavalieri, e da quel momento sarà lui a concedere i permessi. E se si tratta di fratelli sergenti, in assenza di altri commendatori dei fratelli, i permessi saranno loro concessi dal sergente balivo, se ce n’è uno fra loro. Ma sia noto a tutti che nessun sergente può diventare commendatore dei cavalieri, né tenere capitolo laddove vi siano dei cavalieri.
321. Se, nell’adempiere ai propri doveri, un fratello viene a trovarsi un uno dei laboratori della casa, non deve entrare nel guardaroba, senza il permesso del fratello responsabile del laboratorio o di un superiore. I fratelli del convento devono fare le proprie richieste ai fratelli artigiani sottovoce e umilmente; e, se possono, i fratelli artigiani devono soddisfarle in tutta umiltà, senza discutere o agitarsi; e se non sono in grado di farlo, devono dirlo sottovoce e umilmente. E se si comportano diversamente, ne risponderanno dinanzi al capitolo, poiché ciò potrebbe essere causa di discordia tra i fratelli; e sia noto a tutti che ciascun fratello deve guardarsi dal muovere un altro fratello ad ira o indignazione, e questo è rigidamente prescritto dalla regola.
322. Nessun fratello deve portare l’usbergo o la calzamaglia di ferro in una borsa, né di tela né di sacco, bensì in una sacca di cuoio o di maglia di ferro; e non deve appendere la maglia di ferro ad una corda, ma reggerla in mano o farla reggere dal sergente; ma può farla appendere a una corda, se ne ha il permesso.
323. E’ vietato mangiare nel convento o nell’infermeria indossando la cappa; se un fratello pranza al mattino nel convento non può cenare alla sera in nessun altro luogo della casa, e questo vale per il maestro e chiunque altro. Ma se accade che il maestro, dopo aver pranzato nell’infermeria, esce a cavallo per diletto, o per qualunque altro motivo, e porta con sé i fratelli che hanno pranzato nel convento, il maestro può invitarli a cenare con lui nella stessa dimora in cui hanno pranzato al mattino. Ma se il maestro ha pranzato nel convento, non può cenare al vespro in nessun altro luogo. E quando il maestro mangia a una tavola che non sia quella del convento, l’elemosiniere deve prendere il cibo servito alla sua tavola e distribuirlo ai sergenti malati e agli scudieri ricoverati nell’infermeria; e deve prendere dalla tavola dell’infermeria i sughi di carne, l’arrosto e il pasto in bianco, se ve ne sono.
324. Nessun fratello deve coprirsi la testa col cappuccio. Nessun fratello deve indossare il cappuccio di maglia di ferro senza un copricapo di stoffa. Nessun fratello deve disonorare il mantello appendendolo mediante ganci intorno al letto, Nessun fratello può dipingere la propria lancia senza permesso, né decorare la propria spada, né il cappello di ferro, o la cotta di maglia, né dipingere il proprio cappello di ferro.
325. Nessun fratello deve imprecare, sia egli calmo o adirato, né dire cose turpi o abiette, né tanto meno farle. Ciascun fratello deve agire nobilmente e parlare correttamente. Nessun fratello deve indossare guanti di pelle, ad eccezione dei fratelli cappellani cui è consentito portarli in segno di rispetto per il Corpo di Cristo, che spesso reggono tra le mani; e anche ai fratelli muratori è consentito indossarli talvolta, a causa della durezza del loro lavoro, in modo che non abbiano a ferirsi le mani; ma non possono indossarli mentre non sono all’opera.
Ciascun fratello deve portare i guanti di ferro quando indossa gli spallacci e il resto dell’armatura, altrimenti non può portarli senza permesso.
326. Nessun fratello deve portare con sé gli statuti o la regola senza aver ricevuto il permesso del convento; infatti il convento prescrive che non li abbiano con sé, poiché è accaduto che siano finiti nelle mani degli scudieri che li hanno letti e rivelati ai laici, esponendo l’Ordine a gravi rischi. Affinché non possa avvenire niente di simile, il convento ha stabilito che nessun fratello debba portarli con sé, ad eccezione del balivo che li adopera per svolgere il proprio ufficio nel baliato.
327. Nessuno può portare o tenere denaro senza permesso.
Quando un fratello chiede a un fratello del nostro baliato denaro per acquistare qualcosa, deve acquistarla al più presto e non può acquistare nient’altro senza permesso; e ogni balivo del Tempio può farlo e concedere tale permesso; e ciascun fratello balivo può consentire ad un altro fratello di acquistare un pugnale d’Antiochia o d’Inghilterra. E in assenza del commendatore dei cavalieri, i fratelli devono chiedere il permesso al balivo, se è presente fra loro.
328. E se fra loro non vi è né un commendatore dei cavalieri, né un balivo, i fratelli devono scegliere quello fra loro che sembra il più assennato e nominarlo commendatore dei cavalieri, e da quel momento sarà lui a concedere i permessi. E se si tratta di fratelli sergenti, in assenza di altri commendatori dei fratelli, i permessi saranno loro concessi dal sergente balivo, se ce n’è uno fra loro. Ma sia noto a tutti che nessun sergente può diventare commendatore dei cavalieri, né tenere capitolo laddove vi siano dei cavalieri.
329. Ciascun fratello del Tempio, ed anche il maestro, deve guardarsi attentamente dal tenere per sé alcuna moneta, sia essa d’oro o d’argento; poiché un uomo di religione non deve possedere alcunché, secondo le parole del santo: <<Un uomo di religione che ha spiccioli non vale neppure un soldino>>. Nessun fratello deve possedere alcunché a titolo personale, né poco né tanto, né in deposito né senza deposito, e soprattutto non deve possedere denaro. I balivi possono disporre dei beni di cui necessitano per svolgere il loro incarico, ma devono essere pronti a renderne conto al loro superiore, se egli ne fa richiesta, poiché se rifiutano e risulta che li possiedono saranno accusati di ladrocinio e cacciati dalla casa, dal che Dio preservi i fratelli del Tempio.
330. I beni della casa appartengono a tutti, e sia noto a tutti che né il maestro né chiunque altro può consentire a un fratello di possedere qualcosa a titolo personale, foss’anche un solo denaro, né può autorizzare alcun fratello a fare qualcosa di diverso a quanto ha promesso solennemente a Dio, mediante di voti, ovvero obbedienza, castità e povertà. Tuttavia, quando un fratello viaggia da una provincia a un’altra, o da un luogo a un altro, il maestro o un altro commendatore può consentirgli di portare con sé il denaro necessario per svolgere il proprio incarico e acquistare ciò di cui necessita; ma non appena il fratello è giunto a destinazione, deve restituire il denaro che gli è rimasto alla tesoreria o a quello che gliel’ha consegnato, poiché non può né deve tenerlo per sé, poco o tanto che sia.
331. Poiché il denaro rinvenuto addosso a un fratello al momento della morte, o fra le sue vesti, o nella biancheria del letto, o nella borsa, sarà considerato suo e quindi rubato. E quel malvagio fratello non dovrà essere sepolto insieme a quelli onesti, né in terra consacrata; e i fratelli non saranno obbligati a recitare i paternoster per lui, né a celebrare i riti funebri; ma lo seppelliranno come se fosse uno schiavo, dal che Dio preservi i fratelli del Tempio.
332. Ma se dopo la morte di un fratello si scopre che egli aveva del denaro nel tesoro in deposito, o per ordine di un fratello balivo, quel fratello non dovrà essere trattato come si è detto sopra riguardo ai fratelli malvagi, poiché egli non aveva denaro su di sé, né lo aveva riposto in un luogo rischioso per la casa. Per quanto egli abbia commesso una grave mancanza e abbia violato i voti e i vincoli contratti, sia perdonato e trattato con clemenza e compassione, al pari di ogni altro fratello, e si preghi per la salvezza della sua anima, chi Dio lo perdoni. Ma se il deposito a lui affidato viene rinvenuto all’esterno della casa, e il fratello depositario muore senza confessarne l’esistenza a qualcuno che possa consentire alla casa di rientrarne in possesso, il fratello in questione sarà trattato come un fratello malvagio, cui, al momento della morte, venga trovato addosso del denaro.
333. E sia noto a tutti che se lo stesso maestro deposita una somma all’esterno della casa, senza assicurarsi che, al momento della sua morte, la casa sia in grado di rientrarne in possesso, deve essere trattato anche peggio dei fratelli falsi e malvagi di cui si è detto più sopra; poiché sia noto a tutti che più la persona è autorevole, più è debitrice nei confronti della casa, se si macchia intenzionalmente di un crimine tanto odioso.
334. E sia noto a tutti che nessun fratello, neppure il tesoriere, né chiunque altro, deve custodire a lungo i beni di un altro fratello, soprattutto quando si tratta di monete, siano esse d’oro o d’argento; chi lo fa commette una grave mancanza e si rende complice di un peccato spregevole; il fratello cui il denaro è affidato deve piuttosto ammonire il fratello che glielo ha affidato di acquistare al più presto ciò per cui aveva richiesto il denaro o altrimenti restituirlo al tesoro o a chi glielo aveva consegnato, e il fratello deve obbedirgli.
335. E sia noto a tutti che nessun fratello può depositare una somma di denaro in un luogo diverso dal tesoro e, in mancanza di un tesoriere, deve consegnarlo al commendatore del palazzo o della casa dove risiede.
E le stoffe, cucite o meno, devono essere depositare alla sartoria, eccezion fatta per le tuniche cucite degli scudieri, le camice, le brache e le casacche da campo, che devono andare alla selleria; ciò che viene acquistato dal sarto deve essere riposto nella sartoria e anche ciò che viene acquistato dal sotto-maresciallo, e anche l’equipaggiamento di ciascun fratello. E nessun fratello deve prendere quanto depositato da un altro fratello, senza permesso.
336. Nessun fratello artigiano né carceriere né nessun altro devono mettere in catene uno sciavo senza permesso, anche se se lo è meritato; nessuno deve mettere uno schiavo alla gogna né trafiggerlo con la spada senza permesso; tuttavia se uno schiavo se lo è meritato lo si può frustare senza permesso con staffili, purché si badi a non storpiarlo.
337. Se uno non è figlio legittimo di un cavaliere non può indossare il mantello bianco, e i fratelli devono impedirglielo. Ma se il padre di un gentiluomo muore prima che il figliolo sia stato accolto nella confraternita, ed era uomo tale da meritare la dignità di cavaliere, il figliolo non perderà per questo la propria nobiltà; al contrario, potrà essere nominato cavaliere e fratello del Tempio, ed indossare il mantello bianco. Ma neppure un cavaliere o figlio di un cavaliere può indossare il mantello bianco se non è nato da un matrimonio legittimo.
338. Quando un fratello del Tempio è troppo vecchio per impugnare le armi deve rivolgere queste parole al maresciallo: <<Signore, vi prego, per amore di Dio, prendete il mio equipaggiamento e datelo a un fratello che possa adoperarlo al servizio della casa, poiché non sono più in grado di compiere il dovere io e della casa>>. E il maresciallo deve acconsentire, e assegnare al valoroso fratello un cavallo mite per il suo diletto, se il fratello lo desidera; ma prima di prendere l’equipaggiamento del fratello deve avvisare il maestro. Poiché né il maresciallo né nessun altro può prendere l’equipaggiamento di un fratello, indipendentemente dalla volontà di quest’ultimo, senza avvisare il maestro o chi ne fa le veci, in modo tale da liberarlo di tutto il suo equipaggiamento.
339. Ma se un fratello non è più in grado di servirsi del proprio cavallo per adempiere ai normali compiti della casa, può restituirlo al maresciallo, e il maresciallo può e deve prenderlo, senza avvisare il maestro o altri; se può deve darne un altro al fratello, se il fratello non ne ha altri. E sia noto a tutti che quanto detto vale per i fratelli anziani e per quanto non sono in grado di fare il proprio dovere per il bene delle loro anime e della casa. E sia noto a tutti altresì che gran danno viene alla casa da un fratello che tiene tre o quattro cavalli e tutto l’equipaggiamento senza potersene servire a vantaggio della casa stessa. Gli anziani devono essere di esempio agli altri e guardarsi con cura dal commettere qualunque mancanza, nel magiare, nel bere, nell’abbigliamento o in qualunque altra cosa, affinché i fratelli giovani, in particolare, possano rispecchiarsi in loro, e apprendere il giusto modo di comportarsi dal loro stesso comportamento.

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