//
stai leggendo...
I capitoli ordinari

386 – 415: I capitoli ordinari


386. Al momento di entrare nella sala dov’è riunito il capitolo, ogni fratello si deve fare il segno della croce, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e se non è calvo deve scoprirsi il capo; ma se è calvo può tenere il cappuccio; e rimanendo in piedi deve recitare un paternoster e quindi può sedersi, e ognuno deve fare così. E quando sono giunti tutti i fratelli, o la maggioranza, colui che tiene capitolo, prima di iniziare l’omelia, deve dire ai fratelli: «Signori e miei buoni fratelli, alzatevi e pregate Nostro Signore affinché invii oggi la sua santa grazia su di noi », al che tutti i fratelli devono alzarsi in piedi e ciascuno deve dire un paternoster.
387. E il cappellano, se è presente, deve anch’egli recitare una preghiera, ovvero un’omelia, prima che il capitolo abbia inizio. Dopodiché ognuno deve sedersi, ma occorre assicurarsi attentamente che nessuno, all’infuori dei fratelli del Tempio, ascolti ciò che viene detto in capitolo.
388. Dopo che la preghiera è stata recitata, colui che tiene capitolo dà inizio all’omelia in nome di Dio e lo pronuncia meglio che può, ammonendo, esortando e intimando ai fratelli di fare ammenda.
Dopo che l’omelia ha avuto inizio, nessuno può muoversi dal proprio posto senza permesso per andare verso il fondo, ma può andare davanti se lo desidera, anche senza permesso.
389. Al termine dell’omelia, ogni fratello che ritiene di aver peccato deve alzarsi in piedi, scoprirsi il capo e recarsi davanti a colui che tiene capitolo e dopo aver fatto una, due o più genuflessioni, con l’umiltà di chi sta per confessarsi, deve pronunciare le seguenti parole: «Mio buon signore, chiedo perdono a Dio e alla Vergine, a voi e ai fratelli per aver commesso questa mancanza e deve narrare la propria colpa per intero e in modo verace e non mentire, né per vergogna della carne né per paura della punizione della casa; poiché se vi è menzogna, non vi è confessione e tutti sappiano che il capitolo fu creato per consentire ai fratelli di confessare le proprie colpe e fare ammenda.
390. Quando il fratello avrà narrato per esteso la colpa che ritiene di aver connesso e si sarà interamente confessato, colui che tiene capitolo gli deve comandare di uscire; e deve ritirarsi in un luogo da dove non gli sia possibile udire quanto i fratelli del capitolo vanno dicendo; poiché quando un fratello è fuori dal capitolo, a causa del proprio peccato o per penitenza, non deve ascoltare ciò che viene detto e deliberato dai fratelli in capitolo. Quando è uscito, colui che tiene capitolo deve riassumere le colpe del fratello dinanzi all’assemblea, badando bene a non cambiare nulla; dopodiché deve consultare tutti i fratelli e attenersi al parere espresso dalla maggioranza.
391. Quando tutti i fratelli si sono pronunciati nel modo che ritengono più giusto, il commendatore, dopo aver preso atto del parere della maggioranza, deve richiamare il fratello nella sala, mostrargli la gravità della sua colpa, e riferirgli il parere e la decisione pronunciata dai fratelli del capitolo; ma non deve dire «il tale fratello ha espresso tale giudizio» o «si è detto favorevole a tale deliberazione», poiché così facendo rivelerebbe le singole decisioni del capitolo.
392. Quando un fratello chiede perdono per una colpa in capitolo, tutti coloro che ritengono di essersi macchiati della stessa colpa devono chiedere perdono insieme con lui; e nel chiedere perdono, ciascun fratello deve menzionare tutte le colpe che ritiene di aver commesso; e per quante colpe abbia commesso, gli verrà inflitta una sola punizione, poiché così ha chiesto perdono per tutte in una sola volta.
Nessun fratello deve alzarsi e chiedere perdono, mentre un altro lo sta facendo, a meno che non abbia commesso la medesima colpa. Se un fratello chiede perdono per dieci mancanze e merita il perdono per una di esse, sia perdonato per tutte e dieci.
393. Nel capitolo tutti i fratelli devono contrastare chi faccia o dica cose scorrette, e rimanere composti e in silenzio; ciascun fratello deve parlare solo se è interpellato, o se si tratta di censurare qualcuno che faccia o dica cose scorrette; poiché ognuno ha il dovere di contrastare chi si comporta o parla in modo non ragionevole. Ciascuno potrà censurarlo senza muoversi dal proprio posto e senza permesso; ma occorre intervenire subito quando viene commessa la scorrettezza e indurre il fratello a fare ammenda; questo è l’unico modo in cui un fratello può accusarne un altro, ad eccezione del maestro. E il maestro può e deve censurare qualunque altro fratello senza muoversi dal proprio posto.
394. Mentre prende parte al capitolo, ciascun fratello deve riflettere con cura e ricordarsi se ha violato sotto qualche aspetto i voti o i vincoli cui si è sottoposto: se ha partecipato correttamente alle funzioni, se non ha suscitato l’ira di qualche fratello, se ha osservato le regole della casa. E se gli pare di aver mancato in qualcosa, deve chiedere perdono e fare ammenda, prima di lasciare il capitolo. Infatti, quando l’omelia del capitolo è terminata non è consentito riportare le proprie colpe fuori del capitolo, ma conviene piuttosto fare ammenda nel capitolo stesso; e se un fratello nasconde le proprie colpe intenzionalmente, queste diverranno più gravi e ciò costituirebbe un grave disobbedienza.
395. Dovete sapere inoltre che né il maestro né qualunque altro fratello che tenga capitolo non deve fare nulla che comporti il consiglio del capitolo e il giudizio dei fratelli, senza prima aver detto la preghiera e l’omelia che ritiene più adatte; poiché, prima di dar inizio ad ogni riunione del capitolo, occorre implorare la grazia di Nostro Signore all’inizio.
396. Nessun fratello può mancare alle riunioni del capitolo senza permesso, a meno che non sia ricoverato nell’infermeria. Nessun fratello può lasciare il capitolo senza permesso, a meno che non sia certo di farvi ritorno prima che sia terminato. Al termine dell’omelia, nessun fratello può mostrare qualcosa a un altro senza permesso, alzandosi dal proprio posto o facendo alzare l’altro; ma quando un fratello si trova in piedi dinanzi a colui che tiene capitolo, chiunque può alzarsi dal suo posto senza permesso e accusare l fratello che è in piedi dei peccati di cui è a conoscenza.
397. Quando un fratello viene a sapere che uno dei suoi compagni ha fatto o detto qualcosa di scorretto, deve invitarlo a fare ammenda alla prima riunione del capitolo in cui si trovino ambedue, e non deve consentirgli di lasciare il capitolo prima di aver chiesto perdono; ma è buona cosa se il fratello rammenta all’altro la sua mancanza in separata sede, prima che il capitolo abbia inizio, ammonendolo dinanzi a uno o due fratelli, in questo modo: «Mio buon fratello, ricordate la tale cosa», dopodiché citerà il fatto, e gli dirà «Fate ammenda alla prima riunione del capitolo cui prenderete parte». I nostri confratelli onorati ritengono che devono essere sufficiente dire a un fratello, « ricordate la tale cosa»; e questi si deve con ciò già sentire accusato e indotto a fare ammenda dinanzi al primo capitolo cui prende parte.
398. Nessun fratello deve accusare un compagno dinanzi a uomini che non appartengono alla casa del Tempio; e nessun fratello può né deve accusare un fratello in capitolo o altrove, né imputargli una colpa, per sentito dire; ma può accusarlo o imputargli una colpa se ne è stato testimone; se si comporta altrimenti dà prova di grande malvagità e può essere accusato di aver fatto comunella.
399. Le accuse rivolte da un fratello ad un altro non devono essere fatte alla leggera; se il fratello non ha ripreso il compagno in privato, come si è detto più sopra, o ancora se l’ha ripreso ed egli rifiuta di fare ammenda, dovrà in tale maniera accusarlo dinanzi al capitolo: «Commendatore», oppure «Mio buon signore, lasciate che io parli a tale fratello», e gli deve essere concesso.
400. E, dopo aver ottenuto il permesso, l’accusatore si può alzare dal proprio posto e chiamare per nome l’accusato, e quello deve alzarsi in piedi e scoprirsi il capo e recarsi dinanzi a colui che tiene capitolo. Quindi l’accusatore deve fargli presente, con calma e serenità, la mancanza da lui commessa e di cui è venuto a conoscenza; poiché nessuno, per presunzione deve lanciare false accuse contro un fratello. E deve dire «Mio buon fratello, chiedete perdono per la vostra mancanza», e deve citare la cattiva azione commessa dal fratello con le parole o le opere. E l’accusato deve dire: «Mio buon signore, chiedo perdono a Dio e alla Vergine, a voi e ai fratelli per la cosa di cui sono accusato» e deve genuflettersi per ogni mancanza di cui è accusato.
401. E se sa che ciò di cui è accusato risponde al vero, deve ammettere la sua colpa davanti a tutti i fratelli, poiché nessuno deve mentire in capitolo. Ma se viene ripreso ingiustamente deve dire: «Mio buon signore, chiedo perdono a Dio e alla Vergine, a voi fratelli per la cosa di cui sono accusato» e inginocchiandosi, «ma dovete sapere che non risponde a verità». Oppure può dire: «No, mio signore, Dio mi scampi dal commettere un’azione simile». Oppure «La cosa è andata altrimenti». E deve esporre per esteso le proprie ragioni; poiché, come si è detto più sopra, non deve mentire per vergogna, né per paura della giustizia della casa.
402. E colui che è tenuto a difendersi non deve nominare coloro i quali vuol chiamare a testimoniare a suo favore senza permesso, ma deve dire a colui che tiene capitolo: «Signore, vi è un fratello che sa come sono andate le cose»; al che il commendatore deve affermare: «Se vi è qualche fratello ce sa qualcosa, si faccia avanti». E se qualcuno ha qualcosa da dire, si deve alzare e recarsi dinanzi al commendatore e giurare sul proprio onore la veridicità di quanto a visto o sentito; e non deve dire nient’altro che la verità, senza nulla nascondere o modificare, né parlerà per odio o per amore verso una delle due parti in causa, poiché se lo facesse commetterebbe un gravissimo peccato e potrebbe essere accusato di aver fatto comunella.
403. E se il fratello che sa come si sono svolte le cose non intende alzarsi per testimoniare, il commendatore, dopo averlo chiamato una o due volte nel modo suddetto, deve dire al fratello che intende chiamarlo a testimoniare a proprio favore: «Mio buon fratello, fatelo venire avanti». Allora il testimone può essere chiamato per nome e deve alzarsi e testimoniare secondo quanto detto sopra. E se il fratello sa qualcosa a proposito del fatto su cui è chiamato a testimoniare e si non alza immediatamente al richiamo del commendatore, deve essere considerato colpevole e punito duramente.
404. E se il fratello accusato intende riprendere a sua volta il proprio accusatore, poiché conosce una qualche sua colpa, può farlo senz’altro, senza richiedere altro permesso, mentre tutti e due si trovano in piedi dinanzi al commendatore; e deve accusarlo e indicarne la colpa nel modo suddetto.
405. Qualora uno dei fratelli, o entrambi, vengano riconosciuti colpevoli, il commendatore deve farli allontanare dalla sala; ma nessun fratello deve essere allontanato dal capitolo se non è provata la sua colpevolezza. Mentre i fratelli sono fuori, il commendatore riassume i fatti o le colpe per cui hanno chiesto perdono e che sono state attribuite loro, dopodiché consulta i fratelli del capitolo e si attiene al parere della maggioranza. E quando ognuno dei fratelli si è pronunciato, il commendatore deve trattare i fratelli che sono usciti secondo le norme già viste a proposito dei fratelli che chiedono spontaneamente perdono per le loro colpe.
406. E se i fratelli decidono che i fratelli riconosciuti colpevoli devono essere puniti subito, il commendatore deve farli punire, subito dopo aver comunicato loro il verdetto, può dire loro: «Andate a spogliarvi.», e infliggere loro la pena corporale e dare senz’altro corso alla punizione, se lo ritiene opportuno; e i fratelli devono acconsentire perché spetta a lui decidere.
407. E’ sufficiente un solo fratello per accusarne un altro, o due, tre o anche venti, nel modo suddetto; ma un fratello non può da solo stabilire la colpevolezza d’un altro, ma due fratelli possono stabilire la colpevolezza di un altro o anche di due o di cento, quando quei due o quei cento affermano che le cose non stanno così, fintantoché rimangono nel capitolo; infatti la testimonianza non è accolta nel nostro capitolo, a meno che non si possa condannare per altra via.
408. Tuttavia se uno o due fratelli dicono in capitolo ad un altro fratello: «Signore, domenica avete commesso al tale colpa presso Chateau-Pèlerin, chiedete perdono», e quel fratello risponde loro: «No, Dio me ne guardi, poiché domenica mi trovavo a Berito», e uno o più fratelli possono testimoniare che ciò corrisponde al vero, il fratello accusato dev’essere senz’altro prosciolto, e quelli che l’hanno accusato devono essere riconosciuti colpevoli di aver mentito contro di lui, e possono essere accusati di aver fatto comunella; e questo è l’unico modo in cui un fratello si possa proteggere, e non ve ne sono altri.
409. E se accade che due o più fratelli ne accusano un altro o due o più, e il maestro o colui che tiene capitolo sospetta che tale accusa sia malevola, può e deve fra uscire dal capitolo uno dei fratelli e chiedere all’altro di cosa accusi il compagno, in che modo è venuto a conoscenza della sua mancanza, se l’ha visto con i suoi occhi o udito con le sue orecchie; e dopo aver bene approfondito la questione deve farlo uscire e richiamare l’altro e interrogarlo allo stesso modo. Se le due versioni concordano, il fratello accusato verrà riconosciuto colpevole, ma se non coincidono dovrà essere assolto dall’accusa rivoltagli; e i due fratelli accusatori saranno condannati per la loro malvagità ed empietà nonché accusati di aver fatto comunella.
410. E tutti sappiano che nessun fratello del Tempio può essere accusato da un laico, o da un membro di un altro Ordine, ma solo dai fratelli del Tempio, secondo le procedure suddette, e per quanto attiene alla giustizia della casa.
411. ma se un uomo onorato, sia egli laico o religioso, degno di essere creduto, oppure un confratello del Tempio, dice in fede al maestro che un certo fratello ha disonorato la casa, il maestro, fidando nella parola d’onore di quei valentuomini, può trattarlo con durezza, senza bisogno di consultarsi con i fratelli e senza il loro giudizio. E tutti sappiano che il buon maestro deve allontanare il fratello malvagio dalla compagnia degli onesti, poiché così vuole la regola.
412. Nel consultare i fratelli, colui che tiene capitolo deve partire da quelli che meglio conoscono gli usi e le abitudini della casa, e poi sentire tutti gli altri, tenendo conto del valore, della sapienza e della rettitudine di ognuno.
Ciascun fratello, quando viene interpellato in capitolo, deve dire ciò che gli sembra più giusto, senza farsi influenzare dall’amore o dall’odio, e senza preoccuparsi di accontentare o irritare qualcuno; ma tenendo sempre Dio dinanzi agli occhi, operando e parlando per amore di Dio. Ogni accusa deve essere mossa per pura carità e con l’unico fine di salvare l’anima dell’accusato.
413. Quando un fratello viene ripreso per aver commesso una mancanza o per essersi macchiato di una colpa, non deve offendersi, ma anzi ringraziare colui che l’accusa; ma se un fratello riprende un compagno per cose di poco conto, gli può essere inflitta una punizione.
414. Quando un fratello è fatto uscire dal capitolo, perché accusato di una qualche mancanza o dopo aver volontariamente chiesto perdono, nel giudicarlo occorre tener conto della sua condotta abituale, oltre che del tipo e della gravità della sua colpa. Se la sua condotta abituale è buona e la colpa è lieve, anche il verdetto sarà lieve; ma se la sua condotta abituale è malvagia e la colpa è grave e spregevole, i fratelli dovranno infliggergli una punizione aspra e severa; e non di rado un uomo onorato è punito in modo lieve pur avendo commesso una grave mancanza, mentre il malvagio paga a caro prezzo la più veniale delle mancanze: poiché se l’uomo onesto deve trarre profitto e onore dalla propria rettitudine, l’empio deve essere ripagato con danno e infamia per la propria malvagità.
E tutti sappiano che la più piccola mancanza o disobbedienza nei confronti dei comandamenti della casa deve essere punita con due giorni interi nella prima settimana, a seconda della condotta abituale del fratello; non si devono applicare pene maggiori, a meno che la colpa non rientri fra quelle punibili con la perdita dell’abito o l’espulsione dalla casa, dal che Dio salvi i fratelli.
415. E dopo che colui che tiene capitolo ha allontanato dalla sala un fratello per decidere della sua colpevolezza, quel fratello non può tornare nel capitolo per riprendere un altro fratello, a meno che non sia stato autorizzato a farlo; ma può e deve tornare nel capitolo, anche senza permesso, per chiedere perdono per un’altra colpa di cui in precedenza non gli fosse sovvenuto.
Ciascun fratello deve assoggettarsi di buon grado alla punizione inflittagli dal capitolo.

Discussione

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento

Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog e ricevere notifiche di nuovi messaggi per e-mail.

Unisciti a 529 altri iscritti

Articoli recenti

Blog Stats

  • 78.616 hits

Statistiche dal 14.11.10